Abdelhamid Abaaoud, mente delle stragi di Parigi, si nascose fra i clandestini

12 Nov 2016 18:32 - di Paolo Lami

E’ sempre stato un sospetto, ora è una certezza: gli attentatori che hanno sconvolto l’Europa con le loro stragi sono entrati nello spazio Schengen seguendo la rotta dei clandestini.
E’ il quotidiano francese Le Monde a svelare, citando fonti dei Servizi segreti ungheresi, che il primo terrorista suicida degli attentati di Parigi a entrare nello spazio Schengen, seguendo proprio la strada degli immigrati e mescolandosi a loro, fu Abdelhamid Abaaoud, la “mente” del 13 novembre a Parigi. Che organizzò tutto e comandò le operazioni non dalla Siria, come si credeva finora, ma dal Belgio.
Abaaoud, ucciso nel blitz di Saint-Denis 5 giorni dopo gli attentati di Parigi, entrò nello spazio Schengen fin dal 1 agosto 2015. Nel suo compito, fu aiutato dall’amico d’infanzia Salah Abdeslam, unico superstite fra gli attentatori suicidi, oggi in carcere di massima sicurezza in Francia, che fece durante quell’estate diverse andata e ritorno attraverso l’Europa per radunare e organizzare una decina di terroristi e farli confluire a Bruxelles.
E a proposito di Salah, il suo avvocato Sven Mary sostiene in un’intervista al giornale olandese De Volkskrant che la sua prigionia in Francia ha spinto la sua radicalizzazione ed ora potrebbe tentare il suicidioSalah, arrestato il 18 marzo scorso a Bruxelles ed estradato in Francia il 27 aprile, «ora ha la barba ed è diventato un vero fondamentalista musulmano, mentre prima era un ragazzino di strada che andava in giro con le Nike», dice l’avvocato belga che, insieme al collega francese Frank Berton, il mese scorso ha rinunciato all’incarico.
E’ la detenzione, dice Sven Mary, ad aver spinto la radicalizzazione del terrorista che all’arrivo in Francia aveva promesso collaborazione salvo poi rispondere sempre col silenzio nei tre successivi interrogatori. «Non è stato torturato fisicamente. Non è a Guantanamo. Ma puniscono gli errori con una tortura mentale. Perché lui dovrebbe aver voglia di dare qualcosa alla gente che lo tratta così?», dice Sven Mary.
Mary spiega poi che il silenzio scelto da Abdeslam «non era il piano di difesa che avevamo in mente» ed aggiunge: «Il mio obiettivo è sempre stato quello di farlo parlare. Era anche la condizione di Berton per accettare il caso». Il legale nell’intervista inoltre osserva: «La gente gli ha dato lo status dell’eroe, dipingendolo come una “mente”. E’ una cosa creata dal nulla. Ma lui stesso ha cominciato a crederci. Si è messo in una posizione in cui l’unico modo per contare qualcosa è quello di diventare un martire. E’ diventato lo stereotipo del terrorista».
L’avvocato conclude avvertendo che il regime di strettissimo isolamento cui Salah è sottoposto potrebbe avere ulteriori conseguenze negative: «Lui è l’unico sopravvissuto, l’unico che può dare risposte per il massacro del 13 novembre. Il peggio che può succedere è che Salah si uccida prima del processo».

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