Banda della Magliana, torna in cella Fabiola Moretti: maxi-traffico di droga
Erano riusciti più volte a “bucare” i controlli degli aeroporti di Fiumicino e Bologna e quelli del porto di Civitavecchia. E, in questa maniera, in sette occasioni avevano importato dal Guatemala e dalla Colombia in Italia massicce quantità di stupefacenti destinati alla piazza di Roma e, in particolare, alla zona ovest della Capitale come il Corviale e Trullo e ai Castelli Romani.
Sono stati gli uomini del Gico della Guardia di Finanza e dalla Squadra Mobile, coordinati dalla Dda di Roma, in collaborazione con la Dea americana a mettere fine, con un’operazione congiunta, dopo tre anni di indagini, al maxi-traffico di droga sequestrando 3 tonnellate di cocaina e arrestando 15 persone in Italia.
Nella retata torna nuovamente in carcere, ancora una volta per droga, Fabiola Moretti, la sedicente pentita della Banda della Magliana. La Moretti, hanno accertato gli investigatori, poteva contare sulla collaborazione di un gruppo di giovani pusher nella zona di Albano Laziale grazie ai quali garantiva uno spaccio costante di cocaina nella zona.
Alcuni mesi fa, a maggio, era stata arrestata per droga anche la figlia della Moretti, Nefertari Mancini, e dell’altro sedicente pentito della Banda della Magliana, Antonio Mancini soprannominato l’Accattone. L’ultima volta che la Moretti era finita in carcere è stato poco meno di un anno fa, dopo un blitz nel quale, accompagnata dal figlio, Ilary Mazza, 28 anni, aveva accoltellato il compagno della figli Nefertari.
Il gruppo sgominato oggi dagli investigatori, guidato da Venanzio Tamburini, 63 anni, che con l’aiuto del genero Ermanno Rocco, 46 anni e del socio, Antonio Antonini, 56 anni, era riuscito a organizzare e a finanziare le importazioni di droga grazie ad una rete di narcotrafficanti centroamericani, era «attrezzato e tecnologicamente all’avanguardia», sostengono gli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Michele Prestipino.
L’organizzazione criminale utilizzava, per comunicare, le più moderne tecnologie che garantivano comunicazioni “riservate”.
I colloqui avvenivano tramite smartphone dotati di un proprio software di conversazione via chat del tipo “peer-to-peer“.
Il gruppo utilizzava anche un gergo per mascherare il contenuto delle comunicazioni. «La ragazza si è cambiata», erano soliti dire al telefono i componenti della banda per dire che la droga era stata tagliata. L’espressione «farò controllare i parcheggi» era un modo in codice per spiegare che si doveva verificare se i corrieri erano per caso finiti in carcere. Quando invece il riferimento era alle somme di denaro cash il gruppo parlava di «temperature».
Nel corso dell’attività di indagine sono state accertate sette importazioni di narcotici, che avvenivano tra il porto di Civitavecchia e gli aeroporti di Fiumicino e Bologna.
In quattro occasioni le forze dell’ordine sono riuscite ad intercettare il “carico” procedendo al sequestro di oltre 12 chili di cocaina e ad arrestate 4 corrieri. Nel corso dell’indagine sono stati sequestrati in Italia 245 mila euro in contanti, provento del narcotraffico. mentre la Dea americana ha arrestato 96 persone sequestrando oltre 11 milioni di dollari.