«Ci manca la nostra scuola»: le parole dei bambini sfollati del terremoto
Vogliono la loro scuola. E la loro montagna. Anche se il mare piace a tutti. I bimbi sfollati dopo il terremoto sono concordi: “Si, mi piace vedere il mare e le barche al mattino al porto prima di venire a scuola, ma io sono abituata alla montagna e voglio tornare lì, mi piace stare lì”. Gaia è una bambina dagli occhi neri e profondi. Frequenta la quinta classe dell’Istituto scolastico comprensivo Fluvione. Prima del terremoto che ha sconvolto la terra Picena a scuola andava ad Arquata. Poi è cambiato tutto: prima le lezioni sotto le tende a Borgo di Arquata e ora la scuola al mare, a San Benedetto del Tronto, nella sede distaccata. Diretta dalla dirigente scolastica Patrizia Palanca. Con Gaia ci sono in tutto 74 tra ragazzi e bambini: compongono cinque classi delle elementari, tre delle medie e una dell’infanzia. La scuola è a piano terra ed è bella e accogliente: classi grandi, luminose, ben attrezzate, spazi comuni vivibili. Ma non è casa loro e non ne fanno mistero. Come Gaia, che adesso abita con la famiglia a Grottammare. “Al mattino facciamo un giro lungo – racconta – mamma mi accompagna al porto e lì un pulmino ci porta poi a scuola”. In classe sono in sette, Agostina Petrucci è la loro insegnante. “Stanno quasi tutti in albergo qui sulla costa, qualcuno ha casa, dove prima ci veniva solo d’estate per le vacanze e ora deve viverci – spiega -. I bambini si adattano facilmente e in questa scuola stanno bene, specie dopo aver fatto lezione sotto la tenda, una soluzione buona solo per il breve periodo”. All’intervallo si fa merenda, si gioca al biliardino. Ce ne sono due nel corridoio e il bidello detta le regole: “uno è per le medie e uno per le elementari”. Ma ci sono anche le testimonianze della terra d’origine: una piccola foto (quasi un santino) di Arquata, riproduzioni della rocca che domina il paese e del tempietto di Capodacqua, adottato ora dal Fai. C’è anche incorniciata la maglia dell’attaccante del Torino Belotti con una dedica “a tutti i bambini di Arquata e che possano tornare a sorridere”. Nella terza media ci sono 12 ragazzi, compreso Francesco: viveva a Pescara del Tronto, paese che non c’è più, raso al suolo dalle scosse del 24 agosto. “Casa mia ormai è come una sottiletta” racconta, con l’ironia dell’età. Inizialmente aveva scelto di andare a scuola ad Ascoli Piceno. “Ma i miei compagni di classe mi mancavano troppo e ho deciso di tornare con loro, qui a San Benedetto: meglio che stiamo tutti insieme”. Un bus riservato parte al mattino dall’Ascolano e porta gli studenti a San Benedetto per poi riportarli a casa a lezioni finite. Molti sono alloggiati in albergo. Qui le considerazioni sono diverse, più mature. “Domenica inaugurano la nuova scuola ad Acquasanta: ma se non ci possiamo andare, visto che non ci sono ancora le casette, perché hanno speso questi soldi?”. A San Benedetto dovranno rimanere fino alla fine dell’anno scolastico. Ma c’è chi non è convinto. “Se come ha detto il sindaco a primavera le casette saranno pronte io torno subito su” dice Francesco. In questa sede ci sono ragazzi e ragazze dell’Isc Fluvione di Acquasanta e Arquata, ma si è aggregato qualcuno anche da Amatrice e Accumoli, compreso il figlio del sindaco Stefano Petrucci, che con la famiglia si è spostato sulla riviera Adriatica. “E’ un problema anche trovare casa, alcune mie colleghe la cercano ad Ascoli, ma non riescono a trovarla” commenta la professoressa Lucilla Fattore. La tenda-scuola (tante tende piccole dentro un tendone grande) non è un bel ricordo. “In emergenza si fa tutto, ma non si stava bene: al mattino era freddo, nelle ore centrali era caldo” aggiunge l’insegnante. “Sbalzi di temperatura che ci hanno fatto ammalare tutti” racconta Nicolas, mentre Francesco ricorda che “erano strette e non potevamo spostare i banchi per le verifiche. E poi le voci fra tenda e tenda si confondevano, c’era confusione. Meglio adesso”.