Facebook e Google dichiarano guerra alle “bufale” che invadono il web

15 Nov 2016 17:28 - di Robert Perdicchi

Dopo le polemiche sulle notizie “bufala” diffuse online che avrebbero favorito la vittoria di Donald Trump, Google e Facebook corrono ai ripari. Le due società, oramai fonte di informazione per gli utenti, decidono di tagliare la pubblicità e i relativi guadagni ai siti che diffondono notizie false. Mentre la Silicon Valley scrive al nuovo presidente per sostenere l’importanza di Internet per l’economia Usa e della privacy nelle comunicazioni. La prima ad annunciare misure contro le “bufale” è Google sul cui motore di ricerca nei giorni scorsi si è diffusa una notizia falsa relativa al risultato elettorale: se si cercava “conteggio finale delle elezioni 2016” si arrivava ad un link che metteva in evidenza come Trump avesse vinto anche il voto popolare. «Abbiamo chiaramente fatto un errore ma lavoriamo continuamente per migliorare il nostro algoritmo», ha spiegato un portavoce di Big G. La compagnia, che già a ottobre si era mossa con la funzione Fact check, ha deciso di vietare ai siti che riportano notizie false di usare il proprio servizio pubblicitario online. A poche ore di distanza è arrivata una identica decisione di Facebook: ha aggiornato la policy relativa al proprio sistema di pubblicità impedendone l’uso e i relativi introiti ai siti “fuorvianti, illegali e ingannevoli”. Il social è stato additato come uno dei principali responsabili della vittoria di Trump a seguito della diffusione di notizie false, tra cui il presunto sostegno di papa Francesco al candidato repubblicano. E Zuckerberg è intervenuto direttamente per dire che le accuse sono “folli”.

A mettere benzina sul fuoco in queste ore è però Gizmodo, la stessa testata che ha sollevato il problema della manipolazione dei Trending Topics. Secondo il sito, Facebook avrebbe già gli strumenti per cancellare le bufale, ma non li ha usati nel timore di attrarre critiche dai conservatori. L’importanza di Internet nella campagna elettorale ha spinto gli imprenditori della Silicon Valley a scrivere una lettera aperta a Trump in cui si sottolinea l’importanza del web per l’economia Usa, una riforma dell’immigrazione che consenta a più laureati e lavoratori qualificati di stare nel paese. Nella lettera viene chiesto a Trump anche di sostenere la crittografia per proteggere privacy e sicurezza degli utenti e della nazione. Questa questione è emersa con forza nel caso dell’iPhone del killer della strage di San Bernardino, che ha visto Apple contrapposta all’Fbi. E proprio oggi WhatsApp, annunciando l’avvio alle videochiamate per il suo miliardo di utenti ha precisato che saranno criptate, inaccessibili ad hacker e agenzie governative.

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