Nigeria, trovata un’altra studentessa rapita da Boko Haram: ha un figlio

5 Nov 2016 15:03 - di Bianca Conte

Ritrovata un’altra delle studentesse vittime del rapimento di massa dei terroristi di Boko Haram. Ancora una giovane liberata dalla schiavitù sessuale e psicologica in cui è stata ridotta dai miliziani stragisti nigeriani. E ancora una volta è la Bbc a dare la notizia nel dettaglio: una notizia su cui incombe pesantemente un grande punto interrogativo su quello che potrà essere il futuro di questa, come di tutte le altre duecento, ragazzine rapite, sottoposte al lavaggio del cervello, costrette a sposare i loro aguzzini e a mettere al mondo i loro figli.

Trovata un’altra studentessa rapita da Boko Haram

E allora sì: viene accolta con gioia ma anche con tante riserve quest’ultima notizia del rilascio, o forse semplicemente del ritrovamento, di un’altra delle centinaia di studentesse rapite da Boko Haram a Chibok nel 2014. Lei, nello specifico, è stata ritrovata a Pulkwa, nello stato settentrionale nigeriano di Borno, con il suo bambino di 10 mesi, dai soldati che tengono sotto controllo la foresta di Sambisa dove i miliziani hanno una loro base. Il suo ritorno a casa arriva a circa tre settimane dalla liberazione di altre 21 studentesse, rilasciate dopo lunghi e laboriosi negoziati con i terroristi di Boko Haram. E a seguito di due anni di mezzo di buio. Di sofferenze. Di abusi fisici e psicologici inflitti a danno di oltre duecento poco più che ragazzine, sottratte alla loro vita e all’affetto dei loro cari. Una vita e delle relazioni affettive che potrebbero essersi spezzate, interrotte in quei tragici istanti del rapimento. Una vita e delle relazioni affettive che potrebbero essere cambiate per sempre, irreversibilmente, da quella prima ora di prigionia.

Un calvario che sarà impossibile dimenticare…

Dall’istante in cui è iniziato un calvario che deve essere sembrato alle 200 giovani interminabile, contrassegnato da digiuni di cibo e di preghiere, da ciclici lavaggi del cervello, dall’obbligo a un’islamizzazione coatta sul cui altare sacrificare tradizioni e fede per loro, studentesse di Chiboki, in maggioranza cristianee. Mesi, mesi e mesi di prigionia e di terrore, di tentativi di fuga e di minacce di morte: tutte ferite che hanno lasciato cicatrici profonde che difficilmente smetteranno di sanguinare. E allora sì, come probabilmente accaduto già per le 21 ragazze liberate a metà ottobre, anche per quest’ultima studentessa ritrovata si farà festa. Una festa su cui aleggia però, ancora una volta, l’ombra di un ritorno impossibile alla normalità di prima. Di prima del rapimento. Di prima della schiavitù. Di prima della conversione imposta. Degli abusi. Dell’arrivo dei figli a imperitura testimonianza di quanto vissuto in quei due anni e mezzo di buio. E di quanto subito.

 

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