Il Papa chiede un atto di clemenza per i detenuti di tutto il mondo
Un gesto dirompente e, in qualche maniera rivoluzionario: nel giorno del Giubieo dei carcerati il Papa chiede ai governi “un atto di clemenza” per i detenuti. “In modo speciale, sottopongo alla considerazione delle competenti autorità civili – ha detto Papa Francesco dopo l’Angelus – la possibilità di compiere, in questo Anno Santo della Misericordia, un atto di clemenza verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento”.
“In occasione dell’odierno Giubileo dei carcerati – ha detto il Papa dopo la preghiera dell’Angelus -, vorrei rivolgere un appello in favore del miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri in tutto il mondo, affinché sia rispettata pienamente la dignità umana dei detenuti. Inoltre, desidero ribadire l’importanza di riflettere sulla necessità di una giustizia penale che non sia esclusivamente punitiva, ma aperta alla speranza e alla prospettiva di reinserire il reo nella società. In modo speciale, sottopongo alla considerazione delle competenti autorità civili di ogni Paese la possibilità di compiere, in questo Anno Santo della Misericordia, un atto di clemenza – è il preciso appello del Papa – verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento”
In precedenza il Papa era stato ancora più esplicito e duro: “a volte, una certa ipocrisia spinge a vedere in voi – aveva detto rivolto ai detenuti alla presenza del ministro della Giustizia, Andrea Orlando nel corso dell’omelia della messa che ha celebrato nella basilica vaticana per il Giubileo dei detenuti – solo delle persone che hanno sbagliato, per le quali l’unica via è quella del carcere. Non si pensa alla possibilità di cambiare vita, c’è poca fiducia nella riabilitazione. Ma in questo modo si dimentica che tutti siamo peccatori e, spesso, siamo anche prigionieri senza rendercene conto”.
“Il mancato rispetto della legge – evidenzia il Papa durante l’omelia – ha meritato la condanna; e la privazione della libertà è la forma più pesante della pena che si sconta, perché tocca la persona nel suo nucleo più intimo. Eppure – esorta rivolto ai detenuti – la speranza non può venire meno. Una cosa, infatti, è ciò che meritiamo per il male compiuto; altra cosa, invece, è il ‘respiro’ della speranza, che non può essere soffocato da niente e da nessuno”.
“Io vi dico che ogni volta che entro in carcere mi domando: perché loro e non io? – dice il Papa – Tutti abbiamo la possibilità di sbagliare – ha aggiunto il pontefice -, tutti in un’altra maniera abbiamo sbagliato”