Perché gli operai votano Trump: la riscossa dell’America profonda
Per chi appartiene ad una certa generazione il nome di Pittsburgh va di pari passo con quello degli Steelers, la squadra di football americano che ha reso famosa la città negli anni Ottanta e che in Italia veniva trasmessa su Canale 5, nel tentativo (vano) di importare lo sport Usa nel Belpaese. Ma l’accezione Steelers è ben più ampia, e comprende tutti i lavoratori dell’industria dell’acciaio (steel), che ha fatto grande questa parte del paese contribuendo alla fortuna dell’America. Una storia di successo durata oltre un secolo e mezzo ma con un epilogo segnato da un ineso rabile declino a partire dagli anni Settanta, causato dalla delocalizzazione delle imprese, dalla concorrenza dei Paesi emergenti e dagli accordi di libero scambio, si legge su il Giornale.
America lacerata e divisa dalla crisi economica
La Rust Belt, la cintura della ruggine epicentro della crisi dell’industria pesante, si ritrova così oggi profondamente divisa tra le sue due anime: quella delle città più grandi come Philadelphia e Pittsburgh, in Pennsylvania, o Cleveland e Columbus, in Ohio, che votano democratico, e quella decentrata, più ampia e indebolita dalla decadenza del manifatturiero. È qui che tute blu, classe media e persino alcuni ricchi serrano le fila in favore di Donald Trump, su cui ripongono le speranze di ripresa. Il caso più illustre compreso nella prima categoria è quello di Pittsburgh, simbolo della rinascita e luogo dove il presidente Barack Obama ha voluto il G20 nel 2009, in piena crisi, per dare un segnale di fiducia. La Steel City, dove negli anni Settanta un lavoratore su tré era impiegato nel settore manifatturiero, ha conosciuto il riscatto grazie al comparto finanziario e della salute, a quello delle tecnologie innovative e dell’istruzione. E proprio la capacità di operare una profonda transizione l’ha salvata dagli effetti più profondi della crisi. Qui lo zoccolo duro vota dem, e alcuni studenti dell’University of Pittsburgh sostenitori del tycoon sono stati addirittura aggrediti verbalmente dai fan di Hillary: «Mi hanno attaccata perché sono una donna e sostengo Trump – racconta Lindsey Hern – È stato orribile».
Trump in rimonta negli swing states
Più in generale, secondo la media dei sondaggi di RealClearPolitics, la Clinton può contare su un +5,1% sul rivale in Pennsylvania, mentre è a -2,7% in Ohio. Ed è soprattutto nelle zone più decentrate, piegate dalla crisi, che si trova la roccaforte del candidato repubblicano alla Casa Bianca, dove la sua retorica ha trovato terreno fertile tra le tute blu dell’industria pesante, che imputano il declino soprattutto alle politiche favorevoli ai grandi trattati commerciali sostenuti dall’amministrazione Obama. «Ho iniziato a capire che le cose stavano cambiando alla vigilia delle primarie repubblicane, e ricevevo telefonate di cittadini che chiedevano come registrarsi», spiega Mark Munroe, presidente del Grand Old Party nella contea di Mahoning, in Ohio. «Erano persone che non avevano mai votato Gop prima – continua – e il 90% di loro ha scelto Donald Trump».