Processo per terrorismo a “Fatima”: chiesta la condanna a 9 anni
Lei, Maria Giulia “Fatima” Sergio, la prima foreign fighter italiana che – per quanto è dato sapere, sarebbe al fronte siriano a fianco delle milizie dell’Isis – è latitante da due anni, ma il processo per terrorismo che si sta celebrando in sua assenza prosegue e proprio oggi sono arrivate le prime richieste di condanna in contumacia. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e il pm Paola Pirotta hanno chiesto condanne a 9 anni di carcere per Maria Giulia “Fatima” Sergio, per il marito Aldo Kobuzi e per la loro “maestra” di persuasione e conversione Haik Bushra. Non solo: sono state chieste anche altre due condanne a 8 anni e una condanna a 3 anni e 4 mesi per il padre di Fatima, Sergio Sergio.
Processo a Maria Giulia “Fatima” Sergio: chieste le condanne
Certo, sono sentenze a cui difficilmente si potrà dare seguito: la jihadista convinta, che si è trasferita col marito albanese, e a seguito della conversione all’Islam coltivata e radicalizzata nel Milanese grazie alla “maestra indottrinatrice” Haik Bushra – anche lei destinataria di una richiesta di condanna – è sparita nel nulla da parecchio: nonostante nel frattempo siano stati arrestati i suoi familiari, sia deceduta sua madre e la sorella e il padre continuino a rimanere dietro le sbarre. Ma l’integralista “Fatima”, si sa, è votata alla causa jihadista: e in nome delle ragioni terroristiche dell’Isis ha coinvolto e fatto sacreificare anche la sua famiglia. Cosa che non stupisce poi più di tanto se si considera che prima del «matrimonio combinato» con l’albanese Aldo Kobuzi “Fatima” «sottopose il futuro marito anche a un test di affidabilità religiosa, con un vero e proprio questionario»; che durante la sua fuga di guerra oltre a lei, jihadista convinta al centro dell’inchiesta della Procura di Milano, sono finiti nel mirino degli inquirenti, tra gli altri, suo padre, sua madre e sua sorella, tutti pronti, secondo l’accusa, a partire per entrare nelle file dei miliziani agli ordini del Califfo e che durante la sua assenza, mentre tutti i suoi erano dietro le sbarre, sua madre è morta in ospedale dove era stata trasferita per un sospetto di occlusione intestinale. In ospedale dove è morta con sopra la testa l’accusa di «organizzazione di viaggio a scopi di terrorismo», con il marito accusato dello stesso reato e la figlia Marianna, arrestata invece per affiliazione a un’organizzazione terroristica, che non potevano essere affianco a lei, al suo capezzale. Come noto, dietro pedissequa insistenza di Fatima, l’intera famiglia si era prima convertita all’Islam: eppure, alla fine die suoi giorni, sembra che la madre di Maria Giulia Sergio invocasse l’aiuto del Signore…
La requisitoria del processo per terrorismo internazionale
Oggi, dunque, in aula, si è ritoranti sull’intera vicenda e sui documenti depositati ancora nelle scorse settimane, come spiegato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli nella requisitoria del processo per terrorismo internazionale a carico della giovane, del marito, anche lui partito per la Siria, del padre Sergio Sergio e di altre tre persone. Nel corso della requisitoria Romanelli, oltre a descrivere il rapporto tra Fatima e il marito «nato per via telematica e funzionale solo per partire a fare il Jihad», ha chiarito anche la scelta della giovane, che viveva a Inzago (Milano): «Non fu certo facile, ma lei superò perplessità e dubbi anche grazie agli insegnamenti radicali della cosiddetta “maestra” Haik Bushra”, anche lei imputata. Tutti legati a fil doppio – richieste di condanne comprese – a Maria Giulia “Fatima” Sergio.