Radaelli, l’alpino che rifiutò di passare con i partigiani: «Mai, sono fascista»
Ippolito Radaelli, classe 1883, era un ufficiale degli alpini veneziano che partecipò a entrambi i conflitti mondiali: nella Grande Guerra, con il battaglione Pieve di Cadore, fu ferito alla testa durante la battaglia di Vittorio Veneto dell’ottobre 1918, meritandosi una medaglia d’argento al Valor militare. L’anno precedente si era guadagnato un’altra medaglia, di bronzo, per aver comandato coraggiosamente un’azione a Mesniak. Sulla sua esperienza Radaelli ha lasciato un diario di guerra. Dopo la guerra, fu uno dei delusi che aderirono ai Fasci di combattimento veneziani, già nel 1919. In seguito, pur condannando le violenze degli squadristi veneziani, divenne segretario politico e comandante delle squadre d’azione. Nel 1924 divenne segretario del Partito nazionale fascista di Venezia. Nel 1928 fu vice podestà cittadino. Qualche anno dopo divenne segretario dell’Associazione nazionale alpini di Venezia, incarico che manterrà anche dopo la guerra. Oggi l’associazione veneziana è a lui intitolata. Quando morì, il 23 novembre del 1964, l’Associazione annunciò così la sua scomparsa: «È morto il 23 novembre il Ten. Col. Avv. Ippolito Radaelli Presidente della Sezione di Venezia dell’A.N.A. Vecio capitano dei glorioso Battaglione Cadore, l’Avv. Radaelli ha raggiunto dopo pochi mesi la diletta ed amatissima Consorte Maria Vittoria recentemente deceduta. Profondamente innamorato della sua Famiglia e della nostra Associazione, l’Avv. Radaelli rappresenta il tipico alpino che ci piace prendere e segnare ad esempio per valore, serietà professionale e civica, onestà incorruttibile ed incondizionante bontà; decorato di medaglie d’argento e di bronzo al valore militare, Egli è stato l’emblema della sezione veneziana dell’Associazione Alpini ed ha rivolto la sua preziosa dedizione anche ad altre attività squisitamente sociali presiedendo tra l’altro per dieci anni il consiglio di amministrazione degli Ospedali Civili Riuniti di Venezia».
Radaelli dopo l’8 settembre aderì subito alla Rsi
Ma dopo l’armistizio dell’8 settembre Radaelli non ebbe esitazioni e aderì immediatamente alla Repubblica Sociale Italiana. Nell’aprile 1944, dopo la morte del comandante del Battaglione Cadore egli Alpini, tenente colonnello Renato Perico, assassinato dai partigiani sulla porta di casa, Radaelli ne assunse il comando. Il battaglione degli Alpini, tra le altre cose, portò soccorso alla popolazione di Treviso, duramente colpita dai bombardamenti a tappeto americani. Il battaglione fu spostato in Emilia e successivamente ad Alba, in Piemonte, dove insaturò un ottimo rapporto con la popolazione locale. Il Cadore avrebbe dovuto spostarsi a Bra, ma c’era il timore che i partigiano invadessero Alba. Con la mediazione della chiesa, Radaelli accettò di incontrare il capo partigiano “Carletto”, dei partigiani autonomi, detti anche “azzurri”, per stabilire un passaggio indolore della cittadina. Durante questa trattativa, i partigiani invitarono Radaelli a passare con loro con tutto il battaglione Cadore. Ma lui rispose di no, perché era «squadrista e fascista». Radaelli trattò con i partigiani perché era contrario a spargimenti di sangue, soprattutto tra la popolazione. Così fu deciso un accordo pacifico, ma i partigiani garibaldini, comunisti, non intendevano rispettare gli accordi e iniziarono a entrare ad Alba. La situazione non precipitò perché gli “azzurri” costrinsero i garibaldini a rispettare i patti, e Radaelli poté lasciare dignitosamente la città alla testa dei suoi alpini. La sua scelta fu criticata dai vertici della Rsi, anche perché Radaelli aveva fatto arruolare diversi giovani nel Cadore per salvarli dall’invio in Germania. Successivamente fu richiamato al Centro addestramento reparti speciali a Conegliano. Il battaglione Cadore si arrese il 26 aprile 1945 a Venaria Reale, riuscendo a non consegnare l’insegna, che venne nascosta e recuperata in un secondo momento. Nel dopoguerra Radaelli, che era avvocato, tornò alla sua professione, vivendo sempre nella sua Venezia e occupandosi, come abbiamo dettto, dell’Associazione Alpini, perché lui rimase un alpino tutta la vita. Il reparto fu ricostituito solo nel 1953.