Gentiloni sempre più grigio: sono una “fotocopia” di Renzi e me ne vanto

29 Dic 2016 13:16 - di Marzio Dalla Casta

“Sono una fotocopia e me ne vanto”. Al netto del paradosso, è questa la sintesi della conferenza-stampa di fine anno Paolo Gentiloni. E forse non poteva che essere così. Gentiloni è premier solo da un paio di settimane e il suo bilancio non può che contenere che vecchie polemiche e qualche buona intenzione. Il premier, del resto, ne è ben consapevole: «È un primato – esordisce – il fatto che questa conferenza stampa, di solito un consuntivo delle cose fatte, capiti a quindici giorni dall’insediamento del governo. Ma è stato giusto confermare questo appuntamento tradizionale». E con queste premesse, era persino scontato che Gentiloni racchiudesse in tre abusatissimi concetti – «lavoro, sud, giovani» – le «parole chiave» della sua agenda.

Gentiloni rivendica la continuità con il predecessore

Che è in piena continuità con quello precedente. Il governo, spiega infatti Gentiloni, «nasce all’indomani delle dimissioni di Matteo Renzi, provocate dalla sconfitta al referendum» ma – aggiunge – cancellarne il lavoro  «o relegarlo nell’oblio sarebbe un errore».  Gentiloni ha bisogno di ancorarsi a Renzi  anche per dare un senso politico al governo-fotocopia che ha allestito nei giorni della crisi, con riferimento alla scelta dei ministri, e nelle ultime ore anche per quel che riguarda i vice e i sottosegretari. Una continuità che per Gentiloni non è un «limite» come invece ritiene la maggior parte delle opposizioni e anche qualche frangia interna al Pd. Proprio alle opposizioni sembra rivolgersi il premier a proposito della discontinuità: «La auspico non sui sottosegretari ma, ad esempio, sulla violenza inaudita del confronto pubblico, in particolare in rete».

«Il governo faciliterà il confronto sulla legge elettorale»

Il cammino che il governo ha di fronte a sè è accidentato. Lo scoglo su cui rischia di infrangersi Gentiloni è la legge elettorale, il tema clou da cui dipende la durata della legislatura. Sul punto il premier si è ritagliato il ruolo di «facilitatore» della «discussione tra i partiti e in Parlamento», persino «sollecitandola», perché – spiega – «la sollecitudine in questa discussione non è correlata alla maggiore o minore durata del governo, è un’esigenza del nostro sistema». Sullo sfondo restano i temi della ricostruzione nelle zone colpite dal sisma («una priorità per il governo»), dell’economia («nella fascia sotto i 40 anni il lavoro da fare è enorme») e delle riforme («un lavoro che dobbiamo continuare a fare»). Difficile che un governo-fotocopia possa affrontarli con successo.

 

 

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