Giurano di servire la nazione, ma chi crede più alle vuote formule di rito?
Tutti abbiamo assistito in diretta televisiva alla formazione del nuovo governo a guida Gentiloni con a sfilata dei ministri seguita dal solenne giuramento: «Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione». Un rito che non fa più effetto.
Non ha vinto il popolo sovrano
Perché suona come una presa in giro di quel popolo che domenica 4 dicembre aveva votato in maniera convinta contro il Referendum costituzionale e quindi contro il governo Renzi (ricordiamo che il No ha raggiunto il 68% tra gli under 30). Non fa più effetto, il giuramento di rito, a quel popolo che festeggiava la vittoria del NO al grido di “Vince il popolo sovrano”. Non fa più effetto a quel popolo spogliato ormai di tutto, che sente giurare i “suoi” presunti Ministri che eserciteranno le loro funzioni nell’interesse esclusivo della nazione. Ma quale Nazione? Ma quali Ministri? Qualunque uomo politico con un minimo senso delle istituzioni non avrebbe mai accettato di far parte di un governo in totale continuità con il precedente, bocciato sonoramente dal popolo. Ma purtroppo nel massimo della teatralità politica italiana, ora possiamo vantare un “nuovo” esecutivo formato da 18 ministri, 14 dei quali riconfermati. Davanti ai nostri occhi abbiamo un governo di bugiardi giullari al servizio di interessi distanti e opposti al popolo.
Sfiducia nelle istituzioni
E’ comprensibile, dinanzi a tutto ciò, non avere più fiducia nelle istituzioni. Un grande imprenditore che “teneva testa” e non chinava il capo, come succede oggigiorno, disse: “Non chiedere nulla, ma unicamente che la libertà che lo Stato e i partiti vi riconoscono a parole, quella di scegliervi i vostri rappresentanti, non sia una mistificazione.” Queste le parole di Adriano Olivetti, un italiano che vede mettere la sua straordinaria storia di coraggio nel dimenticatoio, perché magari si preferisce mitizzare Steve Jobs, che ricorre nelle citazioni del segretario del Pd Matteo Renzi.