Ma oggi Rino Gaetano a chi canterebbe il suo «Nuntereggaepiù»? (video)
Ricordate il successo di «Pci-Psi-Dc-Dc-Pli-Psdi-Pri-Msi-Dc, nuntereggaepiù»? Chissà se, tornando in vita, Rino Gaetano riuscirebbe ancora a cantare quella canzone. All’epoca, a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, il moloch partitocratico appariva invincibile e immutabile, ma i versi del cantautore calabrese già segnalavano la montante insofferenza verso quel sistema che nel decennio successivo il combinato disposto tra il crollo del Muro di Berlino e l’inchiesta “Mani Pulite” avrebbe giustiziato tra ali di folla plaudente. Morti i partiti, arrivano i leader e la politica si fa persona: le ideologie lasciano il posto ai sorrisi, i programmi si riducono a spot e le seriose tribune elettorali fino ad allora condotte da Jader Jacobelli si trasformano nei chiassosi pollai che abbiamo imparato a chiamare talk-show.
«Nuntereggaepiù» fu il grido di liberazione dai partiti
Ma il prodigio più clamoroso della nuova tendenza è l’azzeramento delle distanze politiche. Tutto diventa più confidenziale, più intimo, più ammiccante. In tv ci si dà del “tu”, come al bar, mentre i giornali, persino quelli paludati, giocano a fare gli sbarazzini indicando i leader non più per cognome ma per nome (ieri Silvio e Romano, oggi Matteo e Luigi). Roba che se nella Prima Repubblica (quella che «non si scorda mai», copyright Checco Zalone) un giornale o un tg avesse titolato «Amintore (cioè Fanfani), incontra Enrico (cioè Berlinguer)» sarebbe stato subissato da mille sonore pernacchie. Ma tant’è: se un tempo militanti, quadri e dirigenti di partito facevano propaganda citando i documenti ufficiali partoriti da comitati centrali, congressi e direzioni, oggi a tracciare il solco in cui incanalare il verbo del movimento provvede unicamente la performance televisiva del leader o di qualunque suo sottopancia insignito di rilevanza mediatica. E se all’epoca dei flash e degli scatti in bianco e nero un patto di collaborazione fra due partiti trovava suggello fotografico nella stretta di mano tra i capi sotto lo sguardo vigile dei rispettivi portavoce, oggi sono i selfie a celebrare le alleanze, immortalando pose più consone a coppie di innamorati che a leader di partito.
Ma oggi la politica (purtroppo) non è più «sangue e merda»
Insomma, la politica come impasto di «sangue e merda» teorizzata da un altro Rino (Formica, ex-ministro socialista) è solo un brutto ricordo, che ci rinvia a tempi dominati dalle ideologie con il loro corredo di tragiche utopie. Niente a che vedere con la temperie odierna, un po’ soap opera un po’ cartone animato, allestita dai protagonisti della politica antropomorfa. Meglio prima o meglio adesso, è difficile stabilirlo. Come sempre, sentenzieranno i posteri. Quel che è certo, è che oggi non c’è neppure un Rino Gaetano a cantare «nuntereggaepiù». Purtroppo.