Renzi si ritira a Pontassieve e confessa: “Ripartirò. Che dolore fare gli scatoloni”
«T orno a Pontassieve, come tutti i fine settimana. Tutto come sempre, insomma. Solo che stavolta è diverso. Con me arrivano scatoloni, libri, vestiti, appunti. Ho chiuso l’alloggio del terzo piano di Palazzo Chigi. Torno a casa davvero». Si chiude la terza giornata di consultazioni e, poche ore prima dell’annuncio di Mattarella su come intenda risolvere la crisi di governo, Matteo Renzi fa le valigie e lascia il suo ufficio. Il congedo in un lungo post su Facebook, scritto verso le due di notte. Dove non nasconde la sua delusione: «Un giorno sarà chiaro che quella riforma serviva all’Italia, non al governo e che non c’era nessuna deriva autoritaria ma solo l’occasione per risparmiare tempo e denaro evitando conflitti istituzionali. Ho sofferto a chiudere gli scatoloni ieri notte, non me ne vergogno: non sono un robot. Ma so anche che l’esperienza scout ti insegna che non si arriva se non per ripartire». Poi aggiunge: «Quando il popolo parla, punto. Si ascolta e si prende atto». E ribadisce la sua coerenza nell’essersi dimesso, come aveva promesso, nonostante avesse ancora la fiducia del Parlamento, l’ultima ottenuta in Senato mercoledì, si legge su “Il Corriere della Sera”.
Renzi confessa che ripartità da capo
Ringrazia i suoi sostenitori e fa capire che il suo impegno non finisce qui: «Ci sono migliaia di luci che brillano nella notte italiana. Proveremo di nuovo a riunirle. Sono stati mille giorni di governo fantastici. Qualche commentatore maramaldo di queste ore finge di non vedere l’elenco impressionante delle riforme che abbiamo realizzato, dal lavoro ai diritti, dal sociale alle tasse, dall’innovazione alle infrastrutture, dalla cultura alla giustizia. Certo c’è l’amaro in bocca per ciò che non ha funzionato». Poi una battuta: «Nei prossimi giorni sarò impegnato in dure trattative coi miei figli per strappare l’utilizzo non esclusivo della taverna di casa: più complicato di gestire la maggioranza», scherza. Infine una puntualizzazione: «Torno semplice cittadino. Non ho paracadute. Non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l’immunità. Riparto da capo, come è giusto che sia. La politica per me è servire il Paese, non servirsene».