Il Riesame: «Corona? Inclinazione a delinquere». Ecco perché resta in cella (video)
«Inclinazione a delinquere» e «sicura capacità delinquenziale». E’ scritto questo nel Dna di Fabrizio Corona secondo il Tribunale del Riesame di Milano. Che, il 27 ottobre scorso, ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell’ex-agente fotografico.
Eccole le motivazioni alla base della decisione dei giudici che il 10 ottobre scorso ha riportato in cella l’ex-re dei paparazzi.
Corona, secondo i giudici, ha una «inusuale inclinazione a delinquere». E «le modalità di esecuzione e organizzazione» del reato di intestazione fittizia di beni che avrebbe commesso denotano «una sicura capacità delinquenziale. Oltre che l’inserimento in un contesto organizzato e ben collaudato».
Il Tribunale del Riesame di Milano ha rimandato il fotografo in cella mentre era in affidamento in prova ai servizi sociali. Le accuse? Intestazione fittizia di beni, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e violazione delle norme patrimoniali relative alle misure di prevenzione.
L’inchiesta su 1,7 milioni di euro nascosti
nel controsoffitto della casa della collaboratrice
L’inchiesta è quella che vede al centro della vicenda di circa 2,6 milioni di euro in contanti. In parte trovati in un controsoffitto: oltre 1,7 milioni. E, in parte, messi al sicuro in cassette di sicurezza in Austria: oltre 800 mila euro.
Secondo il Riesame, c’è il «pericolo concreto e attualissimo» che l’ex -fotografo dei vip possa commettere «analoghe condotte criminose». Pericolo desumibile anche «dai precedenti penali specifici, susseguitisi senza soluzione di continuità dal 2003 a margine dei brevi periodi di carcerazione sofferta» e che portano a «escludere l’occasionalità della condotta».
Corona, infatti, scrivono ancora i giudici, se posto agli arresti domiciliari, «ben potrebbe commettere reati della stessa specie». Anche considerata «la sua assoluta indifferenza verso il rispetto delle regole e i benevoli trattamenti sanzionatori e di esecuzione della pena concessagli».
Secondo il Tribunale del Riesame, poi, sussiste per l’ex-fotografo dei vip, anche il «pericolo di inquinamento probatorio».
Così Fabrizio Corona ha tentato di rintracciare
la testimone-chiave Geraldine Darù
Corona, infatti, scrivono i giudici nelle motivazioni dell’ordinanza con cui hanno respinto il ricorso presentato dal suo difensore, l’avvocato Ivano Chiesa, ha provato insistentemente a «rintracciare» Geraldine Darù, sua ex-collaboratrice e testimone-chiave dell’indagine coordinata dal procuratore aggiunto della Dda milanese, Ilda Boccassini e dal pm Paolo Storari. E questo, secondo i giudici, con il «pressante intento non solo di carpire informazioni ma di deviarne il corso in termini a sé favorevoli».
Domani, tra l’altro, si terrà l’udienza preliminare davanti al gup di Milano Laura Marchiondelli. Il giudice dovrà decidere se mandare a processo o meno Corona e la sua collaboratrice Francesca Persi, imputata in quanto presunta prestanome dell’ex-re dei paparazzi.
Per la Persi, su richiesta del suo legale, l’avvocato Cristina Morrone, il Tribunale del Riesame, il 27 ottobre scorso, ha attenuato la misura cautelare. E ne ha disposto gli arresti domiciliari.