Allarme dei geologi: “In Abruzzo si rischia il disastro del Vajont” (video)
Chi ha qualche anno in più sulla carta d’identità e un po’ di memoria storica per la tragedie del nostro Paese non può che provare una sensazione di brivido per quella parola evocata dai geologici: Vajont. Una delle catastrofi più tremende della storia d’Italia, una frana che finì in un lago artifciale dove era stata costruita una diga, nel 1963, provocando oltre mille morti. In Abruzzo, nella zona di Campotosto, c’è una diga altrettanto grande che poggia su una faglia che si è parzialmente riattivata con l’ultimo terremoto. “Lì ci possono essere movimenti importanti di suolo che cascano nel lago e possono provocare, per dirla con parole semplici, l’effetto Vajont”, ha detto al Tg3 Sergio Bertolucci, presidente della Commissione Grandi Rischi. Un allarme rosso, di cui il geologo si assume la responsabilità, aggiungendo che “se si avverte un aumento del rischio, bisogna immediatamente renderlo trasparente alle autorità e alla popolazione”.
La strage del Vajont il 9 ottobre 1963
Il 9 ottobre del 1963, alle ore 22.39, circa 260 milioni di metri cubi di roccia si staccarono dal Monte Toc e franarono nel lago sottostante in cui si trova la diga del Vajont. Due prime ondate allagarono i paesi di di Erto e Casso, un’altra ondata scavalcò la diga e si abbatté sulla valle del Piave. Fu proprio la costruzione della diga del Vajont a determinare a frana del monte Toc nel lago artificiale. Le vittime furono 1910. Fu aperta un’inchiesta giudiziaria. Il processo venne celebrato nelle sue tre fasi dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971 e si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi.