Cinque anni fa ci lasciava Benito Paolone, mille battaglie e una bandiera
Cinque anni fa ci lasciava nella sua Catania Benito Paolone, storico protagonista della destra siciliana e nazionale nonché dello sport etneo. Lui era nato a Campobasso nel 1933, il padre era un funzionario delle dogane croate assassinato dai partigiani titini nelle foibe. Paolone giovanissimo si trasferì a Catania, che sarebbe divenuta a tutti gli effetti la “sua” città”, entrando subito nella Giovane Italia, l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano e diventandone dirigente. Nei primi anni Sessanta inizio la sua irresistibile ascesa politica: fu eletto consigliere comunale di Catania per il Msi, e poi nel 1971 all’Assemblea regionale siciliana, dove fu riconfermato per ben quattro legislature. Cioè fino a quando, nel 1994, si dimise per centrare alla Camera con Alleanza nazionale, dove rimase per tre legislature. Ma la sua grande passione, oltre alla politica, era lo sport, e in particolare il rugby: fu tra i fondatori della Amatori Catania, di cui fu sempre la bandiera e l’animatore. Qualcuno ha scritto che la vita di Paolone era sempre di corsa, divisa tra mille impegni e mille battaglie: politiche, sportive, locali, nazionali, sempre pronto a dare tutto di sé alle sue passioni ma soprattutto alla sua gente. Lui ha il grande merito di aver tolto dalla strada migliaia di bambini dei quartieri popolari di Catania per indirizzarli verso lo sport, verso i valori della competizione e dell’onestà. Per questo il campo di rugby è stato intitolato a suo nome pochi anni fa.
Berlusconi definì Paolone un combattente nello sport e nella politica
Quando stava male, Silvio Berlusconi, da cui era legato da profonda amicizia e stima, lo venne a trovare, e lo definì «un grande combattente sia nella politica che nello sport». A Berlusconi è legato un episodio che la dice lunga sul carattere di quello che era Benito Paolone. Nel 2006, quando Alleanza nazionale non lo ricandidò, Berlusconi, che ben conosceva le doti e le qualità di Paolone, gli propose di candidarsi con il Pdl, ma Paolone, rifiutò: «Non posso cambiare bandiera», rispose, rivelandosi ancora una volta l’uomo tutto di un pezzo che era, coerente, onesto, rigoroso. Tra l’altro, quella volta Berlusconi perse le elezioni per meno di 40mila voti: chissà se l’apporto di Paolone glieli avrebbe portati… Era di quelli che non cambiano bandiera, per quanti torti avessero ricevuto, per questo migliaia di catanesi andarono a salutarlo per l’ultima volta nella camera ardente allestita a Palazzo dell’Elefante, e per questo migliaia e migliaia di cittadini italiani erano ai suoi funerali al Duomo della città etnea. Nell’apprendere della sua morte, avvenuta a 78 anni, tutti gli esponenti politici siciliani, nessuno escluso, ne lodarono la dirittura morale, riconoscendone l’impegno in favore della città e soprattutto la sua attenzione per le fasce più deboli e bisognose. Come disse l’allora sindaco Stancanelli, quella di Paolone fu «una vita spesa per gli altri». Per lui, tuttavia, il confronto politico era come una partita di rugby, dura ma leale sino alla fine. E dopo si doveva concedere all’avversario l’onore delle armi.