Filippine, Duterte evoca la legge marziale per sconfiggere i narcos
Il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte non andrà alla cerimonia di insediamento di Donald Trump il prossimo 20 gennaio ma manderà il sottosegretario di Stato e il ministro della Sicurezza nazionale filippini. Duterte, che ha vinto le elezioni presidenziali nel maggio scorso, ha fatto venire diversi mal di pancia agli “osservatori internazionali” per via della sua dichiarata guerra al traffico di droga e alla criminalità che da decenni devastano le Filippine. Ha fatto effettuare migliaia di arresti e negli scontri con i cartelli dei narcos almeno seimila criminali sono morti uccisi dall’esercito e dalle forze dell’ordine. “Voglio salvare il mio Paese”, ha dichiarato anche ieri Duterte parlando con un pubblico di imprenditori a Davao, riunione nel corso della quale ha evocato la possibilità di ricorrere alla legge marziale su tutto il territorio nazionale. La legge marziale venne applicata l’ultima volta nel 1972 dall’allora presidente Ferdinando Marcos.
Duterte: “Devo proteggere il mio popolo a qualsiasi costo”
La legge prevede un limite massimo di 60 giorni di durata, ma Duterte ha già fatto sapere che non terrà conto di questo limite, perché il suo dovere è di proteggere la popolazione a qualsiasi costo, quindi se imporrà la legge marziale la terrà in vigore per tutto il tempo che sarà necessario. Ma oltre ai narcos, che nelle Filippine sono collegati strettamente alle istituzioni locali, Duterte deve affrontare anche i terroristi islamici di Abu Sayyaf, che spesso compiono incursioni nei villaggi e prendono prigionieri civili per ricattare il governo. Duterte ha ordinato alle forze armate di bombardare i rifugi dei terroristi, anche in presenza di ostaggi, perché in questo modo, ha detto, i gruppi estremisti non si sentirebbero più al sicuro da nessuna parte e potranno facilmente essere sconfitti. Duterte ha invitato anche i Paesi vicini come l’Indonesia a fare lo stesso.