Il giallo della 20enne Birna morta su una spiaggia sconvolge l’Islanda
L’hanno ritrovata su una spiaggia a sud di Reykjavik. Morta. Le sue scarpe, invece, sono state scoperte nel porto di Hafnarfjordur, 15 chilometri a sud ovest della capitale islandese. E tracce del suo sangue sono state trovate, infine, all’interno di una Kia Rio rossa, una piccola utilitaria noleggiata da due marinai groenlandesi intercettati, poi, dalla polizia nel gelido mare del Nord su un peschereccio di 65 metri, il Polar Nanoq, salpato poco prima dall’Islanda.
Una vicenda, quella della ventenne Birna Brjansdottir scomparsa otto giorni fa, il cui tragico epilogo, dopo giorni di ricerche incessanti da parte di centinaia di volontari, sta sconvolgendo l’Islanda. Non solo per il giallo in sé – secondo la polizia si tratta di omicidio, sebbene «al momento sia impossibile determinare le cause della morte» della ragazza – ma, anche e soprattutto, perché il Paese, dove la polizia pattuglia le strade senza armi, è considerato uno dei più tranquilli al mondo. E gli omicidi si contano sulle dita di una sola mano: 1,8 all’anno in tutta l’isola, numeri statisticamente fra i più bassi sul pianeta.
Si può capire, quindi, lo sgomento degli islandesi – 300.000 abitanti distribuiti su 103.000 chilometri quadrati, grosso modo un terzo dell’Italia – per la morte di questa giovanissima ragazza. O, meglio, l’omicidio.
Tutto inizia sabato 14 gennaio quando Birna scompare dopo una notte di bevute nei bar di Reykjavik. Le telecamere di sorveglianza riprendono la ragazza attorno alle 5 del mattino mentre si avvia, da sola, fra la nebbia, nelle strade coperte di neve della Capitale. Birna si ferma ad acquistare un kebab. Poi il buio.
Alle ricerche di Birna partecipano oltre 725 volontari in una gigantesca operazione, la più vasta mai svoltasi in Islanda. Tutto il Paese segue con trepidazione questa grande caccia. Finché, il pomeriggio del 22 gennaio, la squadra di ricerche di un elicottero dell’Icelandic Coast Guard non avvista il cadavere della ragazza a ovest del faro Selvogsviti, un famosissimo manufatto giallo, fotografatissimo, che spicca fra le rocce nere della spiaggia, a sud della penisola di Reykjavik, flagellata dalle onde del mare di Groenlandia.
La svolta arriva quando viene accertato che le telecamere di sorveglianza hanno ripreso una Kia Rio di colore rosso parcheggiata alle 6,30 del mattino non lontano dal molo dove era ormeggiato un peschereccio groenlandese, il Polar Nanoq, nel porto di Hafnarfjordur, a sud di Reykjavik. Proprio dove vengono trovate anche le scarpe di Birna. Quella stessa identica auto era stata ripresa da alcune telecamere di videosorveglianza anche vicino al luogo dove Birna era stata vista l’ultima volta. Troppe coincidenze. La Polizia metropolitana di Reykjavik lancia un appello a un automobilista – la cui auto bianca è stata inquadrata nelle stesse ore nello stesso posto – affinché si faccia vivo e testimoni su ciò che potrebbe aver visto aiutando così le indagini.
Sottoposta ad accertamenti, la Kia Rio rossa restituisce due elementi fondamentali: si scopre che è stata noleggiata da due marinai groenlandesi di 25 e 30 anni imbarcati sul peschereccio Polar Nanoq appena salpato poche ore dopo la denuncia della scomparsa della ragazza e che, all’interno della Kia, vi sono alcune macchie rosse. Che, esaminate, risultano essere macchie di sangue della ventenne Birna.
Gli agenti dell’unità di elite della polizia islandese, la famosa “Viking Squad“, riescono a raggiungere in alto mare il peschereccio Polar Nanoq, a bordo di un elicottero, per interrogare l’equipaggio.
Il Polar Nanoq viene velocemente fatto rientrare a Reykjavik e i due membri groenlandesi dell’equipaggio vengono arrestati.