La Consulta boccia a metà l’Italicum di Renzi. Ma si può votare anche subito
La sentenza della Consulta è arrivata. L’Italicum, la legge elettorale voluta da Renzi e dalla Boschi, è bocciata a metà: no al ballottaggio ma salvo il premio di maggioranza. Ma, soprattutto, si può andare alle urne con quella legge rettificata, come da tempo chiedono le opposizioni e in particolare il centrodestra italiano. Le decisioni della Corte Costituzionale sulla legittimità della legge elettorale Italicum non lasciano spazio a dubbi: in Italia una legge elettorale c’è e si più utilizzare, anche subito, perfino in primavera. Con un premio di maggioranza alla lista vincente che scatterebbe col 40% e che costringerà i partiti a mettersi insieme e i grillini, in corsa da soli, a provare a sfondare il muro storico abbattuto alle Europee dal Pd di Renzi, prima del progressivo tracollo.
L’Italicum resiste alle picconate della Consulta:
no al ballottaggio, sì al premio di maggioranza
I giudici, riuniti ieri e oggi in camera di consiglio al palazzo della Consulta, si sono pronunciati sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate da cinque diversi Tribunali ordinari: Messina, Torino, Perugia, Trieste e Genova. Dopo questa sentenza, “la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione“, si specifica. «La Corte – riferisce una nota della Consulta – ha respinto le eccezioni di inammissibilità proposte dall’Avvocatura generale dello Stato. Ha inoltre ritenuto inammissibile la richiesta delle parti di sollevare di fronte a se stessa la questione sulla costituzionalità del procedimento di formazione della legge elettorale, ed è quindi passata all’esame delle singole questioni sollevate dai giudici».
No alle scelta del collegio da parte del capolista:
resta il criterio del sorteggio
Nel merito, la Consulta “ha rigettato la questione di costituzionalità relativa alla previsione del premio di maggioranza al primo turno e ha invece accolto le questioni relative al turno di ballottaggio, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono”. Inoltre, “ha accolto la questione relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d’elezione. A seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità, sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio”. Infine, ha dichiarato “inammissibili o non fondate tutte le altre questioni”.
Come si voterebbe oggi in Italia
dopo la sentenza della Consulta
Se si dovesse votare oggi per la Camera quindi sostanzialmente si avrebbe un proporzionale con possibilità di premio di maggioranza per la lista che dovesse raggiungere il 40 per cento. Qualora però non venisse raggiunto questo tetto la partita finirebbe lì, in quanto non ci sarebbe più la possibilità di un secondo tempo, vale a dire un ballottaggio tra le prime due liste. Entrando più nello specifico, il territorio nazionale viene ripartito
in 20 circoscrizioni elettorali, corrispondenti alle regioni, divise a loro volta in complessivi 100 collegi plurinominali, a ciascuno dei
quali viene assegnato un numero di seggi compreso tra tre e nove. I seggi vengono distribuiti tra le liste che raggiungono la soglia del 3 per cento dei voti validi su base nazionale, mentre, come detto, alla lista che dovesse ottenere il 40 per cento dei voti validi sempre su base nazionale, verrebbero assegnati 340 deputati su 630. La ripartizione avviene nelle circoscrizioni in misura proporzionale al numero di voti che ciascuna lista ha ottenuto e poi nei collegi plurinominali anche in tal caso in misura proporzionale al numero di voti ottenuto da ciascuna lista. Le liste sono formate da un candidato capolista e da un elenco di candidati e l’elettore può esprimere fino a due preferenze di sesso diverso, tra coloro che non sono capilista. Quindi sono proclamati eletti dapprima i capilista nei collegi, i cosiddetti capilista bloccati, e successivamente i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze. A questo punto interviene l’altra novità fissata dalla sentenza della Consulta. Per i capilista, che contrariamente agli altri candidati possono presentarsi in più collegi fino ad un massimo di dieci, non sarà più possibile esprimere un’opzione per un collegio piuttosto che per un altro, scegliendo così chi favorire tra i candidati che si sono piazzati alle loro spalle in base alle preferenze. Se tuttavia decideranno comunque per la pluricandidatura, si procederà ad un sorteggio per stabilire il collegio di elezione non potendolo più scegliere, meccanismo attualmente previsto in caso di mancata opzione volontaria. La Corte costituzionale ha infatti stabilito che “sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio non censurato nelle ordinanze di rimessione”.