La globalizzazione ci fa male: ecco il perché in quattro punti
Il nuovo numero dell’Espresso reca una copertina assai significativa. Questo il titolo : “Felice anno vecchio”. Il settimanale allude a vari processi avvenuti nel corso del 2016, che fanno intendere un mutamento di clima politico e culturale a livello globale. Tra i processi elencati da l’Espresso spicca la crisi della globalizzazione, con la conseguente avanzata dei “populismi” e la chiusura dei popoli occidentali entro i “recinti” indentitari. Questo “rimpianto” del settimanale per il mondo che pare al tramonto avviene proprio il giorno in cui (come riferiamo in un altro articolo sul Secolo), il capitalismo americano è in agitazione per l’attacco di Donald Trump a uno dei cardini della globalizzazione: la delocalizzazione, cioè gli investimenti delle imprese nei Paesi a basso costo della manodopera. Non sappiamo quale nuova fase si stia effettivamente inaugurando con il 2017 , però, se la globalizzazione è realmente destinata alla marcia indietro, è cosa di cui rallegrarsi. Tale processo (economico, politico e culturale insieme), che ha dominato gli ultimi 25 anni della storia mondiale, ha fatto molto male ai popoli europei e occidentali. Vediamo il perché in quattro punti.
1- La globalizzazione è un golpe bianco
La globalizzazione ha prodotto un gigantesco trasferimento di potere dai luoghi della politica, della statualità e della sovranità popolare ai centri delle potenza economico-finanziaria (a partire dai detentori dei grandi fondi di investimento) e alle loro principali agenzie: Ue, Wto, Fmi, Banca mondiale, agenzie di rating. Come tale, la globalizzazione è un vero e proprio colpo di Stato internazionale, silenzioso e (inizialmente) indolore. La democrazia ha visto paurosamente ridotto il suo spazio. I veri decisori non sono i rappresentati del popolo ma i rappresentanti del potere economico-finanziario, attorniati da una vasta schiera di centri studi, think tank, fondazioni varie che dettano i nuovi princìpi ideologici, cui dovranno riferirsi politici compiacenti e ossequiosi operatori della comunicazione. I princìpi base sono: libero mercato, antiprotezionismo, cosmopolitismo, annullamento della statualità. Il pensiero unico è nato così. Le tappe di questo processo sono state, tra le altre, il trattato di Maastricht nel 1992 e la nascita del Wto il 1 gennaio del 1995.
2- La globalizzazione ha aumentato terrorismo e insicurezza
L’epoca del mondo interconnesso e senza barriere è anche l’epoca di una crescita senza precedenti del terrorismo. Il mondo della globalizzazione è un mondo insicuro, una vera e propria autostrada per terroristi e criminali di ogni risma. L’attacco ideologico allo Stato, il buonismo imperante, il cosmopolitismo ideologico, hanno distrutto gli Stati in Europa e hanno prodotto, in Medio Oriente e Nordafrica, l’abbattimento dei vecchi regimi (da quello di Ben Alì a quello di Mubarak e Gheddafi), con la conseguente ondata dell’islamismo più feroce e apocalittico. Un dato significativo: le “Primavere arabe” sono state, tra gli altri agenti, favorite anche dalla fondazione di George Soros, la stessa che, guardacaso, ha tentato di fare terra bruciata, in Europa orientale, intorno alla Russia di Putin.
3 – Ha prodotto povertà
Con la globalizzazione siamo diventati tutti più poveri, eccetto quell’uno per cento della popolazione mondiale che ha visto aumentati a dismisura profitti e rendite di capitale. È il prodotto di uno sfruttamento senza precedenti della forza lavoro, favorito dalla libera circolazione dei capitali e, soprattutto, degli uomini, con la manodopera abbondante e a buon mercato. Delocalizzazione e immigrazione ne sono stati gli aspetti principali. L’abbassamento dei redditi da lavoro ha avuto pesanti ripercussioni sull’insieme dell’economia, contraendo il mercato interno e riducendo gli spazi di investimento per la piccola impresa. L’impoverimento non è solo economico, ma anche e soprattutto delle aspettative di vita. L’ascensore sociale s’è bloccato, anzi è andato in basso: i figli hanno davanti a sé una vita più povera e più precaria di quella dei genitori.
4- È il paradiso degli speculatori finanziari
Negli anni della globalizzazione è cresciuto a dismisura il peso dell’economia finanziaria rispetto a quella reale. La liberalizzazione dei capitali finanziari ha privilegiato gli investimenti a breve termine (speculativi) rispetto a quelli a lungo termine (destinati all’economia reale). Ogni giorno, masse enormi di denaro (virtuale) si spostano sulle piazze finanziarie mondiali, destabilizzando Stati e governi. La stessa crisi del 2007-2008 è un tipico esempio delle storture causate dall’impoverimento diffuso, da un lato, e dalla finanza senza regole, dall’altro. I sottoscrittori di mutui subprime si sono indebitati oltre le loro possibilità e, alla lunga, la bolla è scoppiata con conseguenze ovunque devastanti. Va anche ricordato che, nella stessa crisi greca del 2010, c’è lo zampino di una delle più grandi banche d’affari del mondo: Goldman Sachs. È stata questa stessa banca a truccare i conti pubblici ellenici, salvo poi tirarsi indietro al momento della crisi. I cittadini dei Paesi democratici votano ogni quattro-cinque anni. I mercati finanziari votano ogni giorno.