Le balle di Renzi ci costano l’aumento dell’Iva o la tassa sulla prima casa
L’eredità di Matteo Renzi può rivelarsi particolarmente pesante per il premier Gentiloni. Ed è un eredità che non riguarda le insanabili lacerazioni della sinistra o la confusione sulla legge elettorale, ma i conti pubblici. In molti avevano dimenticato che l’autunno scorso, in sede di approvazione della legge di Stabilità 2017, la Commissione europea aveva avvertito che il vero giudizio su quella manovra sarebbe stato emesso solo nella primavera successiva, cioè fra un paio di mesi. E ora che la scadenza si avvicina, anche i giornali vicini al governo come Repubblica segnalano la crescente insifferenza di Bruxelles verso i conti pubblici italiani.
Gentiloni paga il conto di Renzi
Non che prima fossero stati zitti. La differenza è che allora la Merkel e i “falchi” che a lei fanno riferimento avevano chiuso un occhio per non disturbare la campagna referendaria di Renzi. Che ne uscì ugualmente con le ossa rotte nonostante bonus, incentivi e aumenti contrattuali. E ora che Renzi si è dimesso, il conto lo hanno presentato a Gentiloni che, a sua volta, lo girerà ai contribuenti. Il punto non è il se, ma il come e soprattutto il quanto ci costerà. In poche parole, come farà il governo a far quadrare i conti senza spremere ancor di più l’ormai secco cittadino “limone”? Taglierà i bonus e gli incentivi approvati solo un mese fa o ricorrerà a misure più dolorose?
Brunetta: «C’è fermento nella Ragioneria»
Uno, come Renato Brunetta, che a differenza di Renzi di conti pubblici e di manovre finanziarie ne capisce in un tweet, citando «fonti del Mef (il ministero dell’Economia, ndr)», ha fatto riferimento ad un certo «fermento» che si respirerebbe in queste ore all’interno della Ragioneria. Il motivo? È ancora il capogruppo di Forza Italia alla Camera a spiegarlo: «La manovra correttiva sarebbe elevata: rischio aumenti Iva o tassazione prima casa per arrivare a 3,4 mld». Se così fosse, di anticipato, più che le elezioni ci sarebbe la rivoluzione.