Libia: l'”amico” al Sarraj ci accusa di furto, Haftar sgomina i terroristi
Mentre il “premier” libico al Sarraj, che non controlla neanche la sua città, Tripoli, e vive asserragliato nel palazzo del governo, viene scelto dall’Italia e dalla Ue come interlocutore, e mentre il procuratore di Tripoli accusa apertamente l’Italia di contrabbando di petrolio libico, l’Esercito nazionale libico del
generale Khalifa Haftar rivendica di essere riuscito a strappare ai jihadisti il controllo del distretto strategico di Ganfouda, a Bengasi, dopo una lunga battaglia. L’Esercito nazionale libico «ha liberato completamente la regione di Ganfouda», a 15 chilometri a ovest del centro di Bengasi, ha annunciato tramite Facebook il portavoce Ahmed al-Mesmari. Anche un comandante dell’Esercito nazionale libico ha annunciato la vittoria, come riporta il giornale Libya Herald, pur sottolineando come «alcuni terroristi ancora resistano in un piccolo numero di appartamenti».
In Libia il contrabbando è legato al terrorismo
Per quanto riguarda le accuse di contrabbando, «milioni di dollari generati dal contrabbando di petrolio libico sono ora parzialmente nelle mani dei gruppi terroristici», che possono usare questo denaro per progettare nuovi attacchi in Europa e, allo stesso, finanziare l’immigrazione clandestina attraverso il Mediterraneo. Lo ha dichiarato Mustafa Sanalla, presidente della compagnia nazionale del petrolio libica (Noc), in un’intervista al Guardian. Secondo Sanalla, che si trova a Londra per una conferenza sugli investimenti in Libia promossa dal Foreign Office, il contrabbando di petrolio dal Paese nordafricano avviene sia via mare che via terra attraverso la Tunisia e può essere stimato nel 40% del consumo del Paese. «C’è una connessione tra contrabbando, immigrazione e terrorismo – ha spiegato il presidente della Noc – Il volume di denaro che i contrabbandieri stanno raccogliendo è di centinaia di milioni di dollari. Con questo possono compiere attacchi terroristici in Europa. È una macchina criminale ben organizzata. Abbiamo bisogno dell’aiuto internazionale per bloccarla».