Bloccare l’invasione dei clandestini in Italia si può: ecco come si deve fare
Le cifre sono da esodo biblico: a centinaia di migliaia i clandestini stanno arrivando in Italia dall’Africa e dal Medio Oriente, e di loro solo una minima parte fuggono dalla guerra. Non è un segreto per nessuno, tranne che per il nostro governo e per le varie cooperative di accoglienza, per le quali l’ingresso indiscriminato di clandestini rappresenta un ottimo affare. Gli italiani non sanno capacitarsi del fatto che le forze armate italiane, anziché difendere il territorio nazionale, vadano addirittura a casa dei clandestini per prenderli e portarli comodamente nei nostri centri di accoglienza. E poi parlano di emergenza: ma quale emergenza, se l’abbiamo creata noi? C’è poi da considerare un altro aspetto della questione: se già oggi è difficile – e costoso – rimpatriare i clandestini sbarcati in Europa, in futuro, con i numeri che aumentano, non sarà più una soluzione praticabile. Siamo d’accordo che l’attività di questi spietati scafisti ha messo sempre più a rischio questa povera gente e che quindi le nostre unità si sono dovute sempre più avvicinare alle coste libiche per soccorrerli, tuttavia sarebbe anche il momento di correre ai ripari, di reagire, anziché assecondare col nostro comportamento questi comportamenti criminali. Sì, perché, contando sul fatto che le nostre navi arrivano a salvarli, gli scafisti ormai non si preoccupano neanche più di fornire delle imbarcazioni un minimo resistenti: dopo poche miglia cedono, ma tanto ci sono i nostri pronti a intervenire. In qualche caso al clandestini si fornisce un telefono satellitare per poter chiamare in aiuto la generosa Marina italiana. E allora?
In futuro il rimpatrio dei clandestini non sarà più praticabile
C’è anche da tener presente che le autorità libiche sono del tutto impotenti a gestire la situazione, frammentate come sono in faide tra loro. E questo nonostante il fatto, poco pubblicizzato, che gli italiani hanno ripreso l’addestramento del personale libico destinato a operare in mare. Per ora, quindi, in quella terra senza legge non c’è da contare sulle autorità locali. E teniamo anche presente che, se non bloccate, tutte le popolazioni africane si sposteranno in Europa – e quindi in Italia – nel corso dei prossimi anni. Ma il metodo per non far più partire i clandestini c’è: poiché le operazioni di imbarco di queste persone sulla costa sono piuttosto lunghe e visibili, basterebbe che all’atto delle operazioni, magari al largo e dal cielo, nostri mezzi militari comparissero e lanciassero bengala, razzi, facendo capire che l’operazione illegale è stata scoperta. Non crediamo che i clandestini partirebbero, con le loro imbarcazioni che galleggiano a malapena, se a pochi metri ci fossero mezzi militari che sparano razzi in aria, illuminano con proiettori e sono pronti a respingerli. Leggi internazionali? Si deve trovare una soluzione, come fu per l’Albania una ventina d’anni fa, quando per evitare le partenze – lì c’era anche il traffico di droga – gli scafisti si trovarono gommoni squarciati, motori sabotati, imbarcazioni andate misteriosamente a fuoco. E gli sbarchi cessarono. E ricordiamo che all’epoca governava il centrosinistra. Certo, una volta fermato così il traffico di esseri umani, i criminali potrebbero rivolgere la loro attenzione ai campi petroliferi dell’Eni, ma lì la risposta da dare sarebbe esclusivamente militare, e non crediamo che le nostre forze speciali farebbero complimenti con gente che esita a far annegare donne e bambini. Insomma, i flussi possono essere bloccati, se c’è la volontà di farlo, come insegna il caso virtuoso della Spagna: perché solo noi non riusciamo a farlo?