Messina, risolto il “giallo” del vigile del fuoco ucciso: è stata una donna
Gelosia, denaro, vendetta? Il movente non è ancora chiaro ma c’è una svolta nelle indagini sull’omicidio di Roberto Scipilliti, il vigile del fuoco di 56 anni, scomparso il 5 gennaio scorso a Santa Teresa Riva, in provincia di Messina, rinvenuto cadavere il 14 gennaio nelle campagne di Savoca, nel Messinese. I carabinieri del Comando provinciale di Messina hanno fermato Fortunata Caminiti, 47 anni, accusata di omicidio, sequestro di persona e occultamento di cadavere. Di Scipilliti si erano perse le tracce dal primo pomeriggio del 5 gennaio scorso, quando aveva lasciato la sua abitazione a Roccalumera a bordo del suo fuoristrada senza farvi più ritorno. La sua auto, regolarmente chiusa a chiave, è stata ritrovata a Santa Teresa di Riva il giorno stesso con a bordo un borsone contenente delle divise dei igili del fuoco, una busta con dei ricambi e delle medicine custodite nel cruscotto. Le ricerche, immediatamente scattate anche con l’aiuto delle unità cinofile, si sono concentrate nel comune di Savoca, dove era stato localizzato il cellulare delle vittima.
Il corpo del vigile del fuoco
ritrovato nella vegetazione
Il corpo senza vita dell’uomo è stato trovato il 14 gennaio in località Rina Superiore in fondo a un fosso vicino la strada provinciale 21, nascosto tra la vegetazione e parzialmente coperto da un sacco di plastica nero, analogo a quelli utilizzati per la raccolta dei rifiuti. Nella tasca di Scipilliti, inoltre, gli investigatori del Nucleo Operativo della Compagnia carabinieri Messina Sud hanno trovato anche il cellulare, sporco di sangue e con lo schermo danneggiato. L’autopsia eseguita sul corpo ha confermato i sospetti della prima ora degli inquirenti. Il 56enne era stato ucciso con un colpo di pistola calibro 9, esploso a distanza ravvicinata dall’alto verso il basso, che gli aveva perforato il cranio da parte a parte ma di cui, però, non è stato ritrovato né il bossolo e né l’ogiva. Dopo la scoperta del cadavere gli uomini dell’Arma hanno passato al setaccio le immagini delle telecamere poste lungo le strade che conducono al luogo del ritrovamento.
Una Fiat Panda senza targa
e la ricerca dell’autista
I filmati immortalavano una Fiat Panda gialla, di cui non si riusciva a leggere la targa, transitare alle 15.28 verso il uogo del rinvenimento del cadavere con a bordo più persone. Dopo 7 minuti, alle 15.35, la vettura veniva nuovamente immortalata dalle telecamere mentre tornava in senso contrario. L’analisi delle centinaia di telecamere di videosorveglianza presenti sull’intero litorale jonico ha permesso ai carabinieri di risalire alla targa della vettura ricercata e di ritrovarla all’alba del 20 gennaio. Si trattava di un mezzo intestato a una ditta di noleggio del catanese, che il 4 gennaio, il giorno precedente la scomparsa di Scipilliti, era stata affittata da Caminiti, che aveva presentato documenti falsi. La vettura era stata restituita con un giorno di ritardo e la donna si era giustificata dicendo che a bordo c’era stata una lite violenta tanto che alcuni suoi amici erano ricoverati in ospedale. Aggiungeva anche che aveva pulito con l’alcool l’auto che si era sporcata di sangue.
Nei giorni successivi un’altra persona mentre puliva la vettura aveva trovato sotto il sedile una pozza di sangue su cui galleggiava una penna e vi aveva scattato una foto. Secondo gli investigatori dell’Arma proprio in quell’auto è stato ucciso il vigile del fuoco, giustiziato mentre si trovava seduto sul mezzo.
Per Fortunata Caminiti c’è anche
il rischio che possa fuggire
Nei confronti di Fortunata Caminiti è stato così emesso dalla Procura di Messina un provvedimento di fermo, anche in considerazione, spiegano i carabinieri, “dell’accertata capacità della donna a utilizzare altre identità e documenti falsi, attitudine che rende concreto il pericolo
di fuga”. La donna era stata arrestata nelle prime ore dello scorso 14 gennaio insieme al latitante Fabrizio Ceccio, ricercato dall’aprile dello scorso anno. Da allora, infatti, si era reso irreperibile poiché colpito da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione per delinquere finalizzata alle truffe, al riciclaggio ed alla ricettazione. I due sono stati bloccati dai carabinieri a bordo di una nave Caronte, proveniente dal nord Italia ea un passo dalla costa messinese. Entrambi erano in possesso d i documenti falsi e armati di pistola con matricola abrasa, carica e con colpo in canna. Al vaglio degli inquirenti i motivi del delitto ed eventuali complicità.