Migranti, il premier Gentiloni spedisce Minniti a chiedere aiuto alla Libia

5 Gen 2017 8:13 - di Redazione

La settimana prossima il ministro dell’Interno Marco Minniti volerà a Tripoli per cercare collaborazione nella soluzione della crisi dei migranti. Ieri «ci sono stati contatti fra il governo di accordo nazionale libico e il governo italiano su temi della sicurezza di comune interesse», recita un comunicato stampa del Viminale; tra pochi giorni il nostro responsabile dell’Interno andrà a proporre la bozza di un accordo per bloccare le partenze dei barconi. Considerato che, come spiega una fonte del Viminale, «circa il 90 per cento degli arrivi in Italia parte dalla Libia», stringere un accordo coi libici sarebbe fondamentale, si legge su “La Stampa“.

Libia non è una vera e propria Nazione

Il problema è che quando si parla di Libia non si parla di un’entità unica, ma di un Paese «balcanizzato» in cui il governo riconosciuto dall’Onu controlla solo una parte della Tripolitania. E quindi la difficile missione di Minniti sarà di rivolgersi al governo Sarraj, sostenuto con forza dall’Italia, per proporre aiuti e strumenti in cambio di uno stop alle partenze, almeno nella parte di Libia che l’esecutivo di Tripoli riesce a controllare. Un «filtraggio» che, nelle intenzioni dei libici, potrebbe essere fatto non sulle coste, ma lungo il confine meridionale del Paese, alla frontiera con Niger e Ciad.

Confini meridionali della Libia sono i veri “buchi neri”

Un tentativo di trovare soluzione ai flussi che continuano ad arrivare in Italia e abbassare la tensione che in questi giorni è esplosa con la rivolta al centro di Cona, dove «non c’è nessuna condizione di umanità», denuncia il deputato di Sinistra italiana Nicola Fratoianni. Da una parte, accordi per evitare partenze e assicurarsi la possibilità di rimpatri; dall’altra, accoglienza diffusa e Centri di identificazione ed espulsione (Cie) in ogni regione: cosi il governo Gentiloni pensa di affrontare il problema. Da Regioni e Comuni arriva la proposta di mettere nelle condizioni «di obbligare a lavori utili le persone che arrivano nel nostro Paese»: la avanza il governatore toscano Enrico Rossi, e come lui sindaci come quello di Prato, Biffoni, e di Verona, Tosi. Mentre la moltiplicazione dei Cie rischia di non andare a genio proprio al Pd di Minniti e del premier: dalla sinistra del partito, dopo la deputata Sandra Zampa interviene il senatore Sergio Lo Giudice per «luoghi disumani di reclusione». Anche l’annunciata stretta, al grido di «via tutti gli irregolari», lascia perplesso qualcuno: «Non mi convince l’idea di risolvere una questione complessa con appelli volitivi: si rischia solo l’effetto annuncio», sospira Gianni Cuperio.

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