Padova, marocchino espulso: faceva propaganda jihadista
Si fa presto a dire integrazione dei cittadini islamici residenti in Italia. Fa riflettere il caso di 32enne marocchino, residente a Padova, che è stato espulso per motivi di sicurezza, dopo attente e approfondite attività investigative, con provvedimento del ministro dell’Interno. Eppure il marocchino era titolare di un regolare permesso di soggiorno per motivi familiari. E pure di lungo periodo. L’islamista ha lasciato l’Italia con un volo partito dalla frontiera aerea di Milano. . Con il rimpatrio di oggi, il primo del 2017, salgono a 133 i soggetti gravitanti in ambienti dell’estremismo religioso espulsi con accompagnamento in frontiera dal gennaio 2015 ad oggi.
In particolare, riferisce il Viminale, il marocchino era all’attenzione degli investigatori perché risultava tra i fondatori di un centro culturale islamico di Padova frequentato da soggetti attestati su posizioni salafite/wahhabite. Il suo nome è emerso nell’ambito di un’indagine avviata nel 2015 dalla Questura di Padova in direzione della struttura fondamentalista islamica denominata Jihadia Salafiyya Padova, impegnata in attività di propaganda e proselitismo attraverso la diffusione di video e messaggi in lingua araba.
Il marocchino, inoltre, è risultato in contatto con l’imam della moschea di Schio (VI), già espulso dall’Italia, il 30 settembre 2015, con provvedimento del Ministro dell’Interno. Dal materiale informatico e documentale sequestrato nel corso della perquisizione a suo carico sono emersi chiari indicatori della sua deriva fondamentalista, peraltro confermata dall’ex moglie, del suo interesse a diffondere il credo islamico più oltranzista, con una chiara propensione al jihad.
Insomma, un soggetto assai poco raccomandabile. Ma ciò che sconcerta di più è il fatto che il marocchino fondamentalista non era un irregolare ai margini della nostra società. Ciò sigbnifica che il pericolo non si annida solo tra i clandestini, ma anche tra gente apprentemente inserita nella vita delle nostre città. Chiudere i centri islamici più esagitati può certo rappresentare un errore (ci permettono infatti di conoscere i luoghi in cui gli estremisti si radunano). Ma tali centri non possono nemmeno essere facilmente tollerati in nome di un equivoco buonismo etnico-religioso. Sono infatti luoghi di proselitismo jihadista. E vanno pertanto tenuti sotto stretto controllo. Con buona pace delle anime belle cosmopolite.