Teatro, storia e geopolitica/ In scena “Afghanistan, il grande gioco”
Parte dal Teatro dell’Elfo di Milano, il prossimo 17 gennaio, la tournée di Afghanistan, il Grande gioco, la versione italiana di The Great Game, l’importante affresco teatrale — che riprende significativamente la celebre definizione di Kipling — del Tricycle Theatre di Londra dedicato al labirinto asiatico. Un successo mondiale, che dall’aprile 2009 riempie le sale inglesi e americane. Il generale David Richards, già comandante di Enduring Freedom, l’ha talmente apprezzato da obbligare il personale del Pentagono, i reduci e i soldati in partenza per il fronte ad assistere allo spettacolo. «Se l’avessi visto prima, scrisse sul Times il 3 agosto 2010, sarei stato un generale migliore».
Il progetto nasce dai lavori di tredici autori britannici sulla storia travagliata dell’Afghanistan — micidiale “tomba degli imperi” e vero rompicapo geopolitico — attraverso tre capitoli suddivisi in 13 stazioni: Invasione e indipendenza 1842 – 1930, Il comunismo, i Mujahedin e i Talebani 1979 – 1996 e Enduring Freedom 1996 – 2010.
Vista l’imponenza della rappresentazione, i registi Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani hanno scelto di spezzare il lavoro in due parti proponendo al pubblico italiano inizialmente i testi di Stephen Jeffreys (Trombettieri alle porte di Jalalabad), Ron Hutchinson (La linea di Durand) e Joy Wilkinson (Questo è il momento) che riguardano il periodo 1842 – 1930 assieme ai capitoli di Lee Blessing (Legna per il fuoco) e David Greig (Minigonne di Kabul) imperniati sul periodo 1979 – 1996. I capitoli sui talebani e su Enduring Freedom saranno allestiti l’anno prossimo.
«Il primo atto, Trombettieri alle porte di Jalalabad di Stephen Jeffreys – racconta Bruni – è la storia di quattro trombettieri che scrutano l’orizzonte: il figlio del khan ha promesso agli inglesi un ritiro in pace, ma su 16 mila uomini ne arriveranno in India solo 70, gli altri verranno trucidati. È metafora e parabola del disastro: questa terra è una trappola geografica dalla quale non puoi più uscire». L’ultimo capitolo in scena quest’anno è Minigonne di Kabul di David Greig, un ritratto della Kabul laica e pacifica degli anni Sessanta, una città frequentata da occidentali in cerca d’esotismo e da hippies vogliosi di “sballo”. Sullo sfondo la tragica parabola di Najibullah, l’ultimo leader comunista afghano, catturato dopo il ritiro dei sovietici e massacrato senza pietà dai talebani.
Un consiglio. Per comprendere e approfondire l’argomento due libri fondamentali: Il ritorno di un re di William Dalrymple (Adelphi, 2015) e Afghanistan, il grande gioco di Eugenio Di Rienzo (Salerno, 2014). Buona lettura…