Uccise moglie e figli e andò a vedere la partita: “Niente appello, voglio l’ergastolo”
«Voglio l’ergastolo, è giusto, rinuncio all’appello». Carlo Lissi nel 2014 uccise moglie e figli a Motta Visconti (Milano), poi andò tranquillamente a vedere una partita degli Europei in cui giocava l’Italia in un locale con gli amici. In casa, straziati, rimasero i corpi della moglie Maria Cristina Omes, della figlia Giulia di 5 anni e mezzo e del piccolo Gabriele, 20 mesi. Condannato in primo grado all’ergastolo, ora Carlo Lissi ha scritto ai giudici per dire che rinuncia all’appello e che merita la condanna.
«Voglio l’ergastolo, scusatemi
per la perdita di tempo…»
La notizia della rinuncia al secondo grado di giudizio è riportata dal Corriere della Sera, secondo cui l’uomo ha rinunciato al ricorso già presentato in appello depositando una “richiesta di rinuncia”. «Considerando congrua la condanna inflittami in primo grado e scusandomi per la perdita di tempo – ha scritto ai giudici – Fiducioso in un favorevole accoglimento».
Il movente? L’innamoramento
per una collega
Il movente della strage era sentimentale. L’uomo si era invaghito di una collega, come confessò egli stesso: «Ho conosciuto Maria a marzo. Condivideva la mia passione per la moto, abbiamo iniziato a parlare, andavamo a pranzo insieme, la nostra intesa aumentava. Non abbiamo mai avuto rapporti sessuali, lei aveva una relazione e mi ha detto che non avrebbe mai tradito il partner. Ma io ho creduto che lei fosse il vero amore». E il delitto? «Mia moglie Cristina ha iniziato ad urlare chiedendo “perché? perché?”, ma io non riuscivo a fermarmi. Ho pensato di concludere il disastro sia con i figli che con me. Sono salito in cameretta e ho fatto quello che ho fatto. Mi pare di avere colpito prima Giulia, poi Gabri. Ho cercato di farlo su di me ma non ho avuto il coraggio».
I parenti della vittima:
«Crediamo al suo pentimento»
La decisione di Carlo Lissi, condannato all’ergastolo per la strage di Motta Visconti, dove uccise la moglie Cristina Omes e i due figli, di rinunciare a ricorrere al secondo grado di giudizio, “non può che lasciarci soddisfatti” perché dimostra che la condanna è servita “per portare Lissi ad un reale pentimento”. Così Domenico Musicco, legale della mamma di Cristina, Giuseppina Redaelli, conferma che la Corte d’Appello di Pavia ha recepito la missiva e che ha ritenuto valide le ragioni dell’imputato e che dunque non ci sarà l’appello. La lettera “è stata scritta spontaneamente da Lissi che non l’ha concordata con il suo avvocato”, spiega Musicco. Evidentemente, aggiunge, lui stesso ha maturato “quello che avevamo detto in primo grado, e cioè che per dimostrare un reale pentimento Lissi avrebbe dovuto chiedere per sé l’ergastolo, anche in contrasto con il suo difensore. La condanna che ha ricevuto gli è servita a farlo pentire”.
Ma “è anche la prova che quando le pene vengono comminate in modo giusto, servono non solo come deterrente, ma anche al recupero dell’imputato”. Questa notizia “alleggerirà i famigliari del loro grande dolore” conclude l’avvocato.
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