Uno studio conferma: nel 2016 l’Isis ha perso terreno. Letteralmente. Ecco perché

19 Gen 2017 11:55 - di Martino Della Costa

Cifre, percentuali, riscontri algebrici, casistica acclarata e probabilità: lo studio sul terrorismo si avvale anche dei numeri per calcolare entità – e auspicati ridimensionamenti – del dramma bellico in corso. E così, da Londra, arrivia uno studio che lascerebbe ben sperare: secondo un rapporto redatto dall’istituto di ricerca Ihs Markit, con sede nella city britannica, allora, il sedicente Stato islamico (Is) avrebbe perso un quarto del suo territorio in Iraq e Siria nel corso del 2016.

Lo Stato Islamico ha perso terreno

Proprio così: secondo il report, tra l’inizio e la fine dello scorso anno, il territorio del Califfato, sottratto alle popolazioni locali e presidiatio dai jihadisti del terrore al soldo e agli ordini del Califfo al-Baghdadi, sarebbe passato da circa 78.000 chilometri quadrati a circa 60.400. E se la matematica non è un’opinione, di certo i numeri quantificano con stringente evidenza e rassicurante certezza un dato che proprio alla matematica differenza chilometrica consegue: alla perdita del territorio corrisponde una relativa diminuzione del potere. «L’Is ha conosciuto nel 2016 una perdita di territorio senza precedenti – ha commentato allora Columb Strack, che guida il centro per il monitoraggio dei conflitti di Ihs Markit – comprese aree chiave e vitali per i progetti dell’organizzazione». E tra l’altro, una perdita di terreno sul campo, seppure in misura minore, si era registrata già nel 2015, quando il Califfato – o meglio, l’autoproclamato Stato Islamico – era passato dai 90.800 chilometri quadrati ai 78.000 da cui si è partiti per l’incoraggiante aggiornamento londinese odierno.

Previsto un ulteriore arretramento dell’Isis

Non solo: Strack prevede un ulteriore arretramento dell’Is nell’anno in corso. «Ci aspettiamo – ha dichiarato – che le forze governative irachene riconquistino Mosul prima della seconda metà dell’anno«. Di contro, avverte sempre lo studioso a capo del centro di studi e monitoraggio dei conflitti Ihs Markit – sarà invece più difficile la battaglia per liberare Raqqa, capitale siriana dell’Isis. «Raqqa – ha spiegato infatti Strack – è il cuore dell’Isis e i miliziani del Califfato non ci rinunceranno facilmente, senza combattere. Richiederà probabilmente un maggiore intervento di terra da parte di qualcuno degli attori esterni, come Usa e Turchia, o delle forze governative siriane appoggiate dalla Russia e dall’Iran». Anche perché, come la matematica insegna – anche in materia bellica – l’unione fa sempre la forza…

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