La figlia del podestà di Schio abbraccia il partigiano che uccise il padre
Ci vuole coraggio, fede, incoscienza. Anche dopo decenni. Titolo strappalacrime: abbraccio tra la figlia del podestà e il partigiano che aveva ucciso suo padre. A Vicenza, davanti al vescovo Beniamino Pizziol, Anna Vescovi, figlia del podestà ucciso durante la strage di Schio del 7 luglio 1945, ha abbracciato il partigiano Valentino Bortoloso, detto Teppa, uno degli esecutori materiali della carneficina. Perdono? Riconciliazione? Vengono alla mente le parole struggenti della vedova Schifani che al funerale del marito, saltato in aria nell’attentato al giudice Falcone, rivolgendosi agli assassini disse “io li perdono, ma mi devono chiedere scusa. Ma loro non cambiano…”. Evidentemente Teppa, 93 anni ben portati, deve essersi pentito. E l’ex bambina figlia del podestà deve avere una marcia in più.
L’abbraccio a 70 anni dalla strage di Schio
Non fu una bella impresa, quella partigiana: a guerra finita i partigiani della Brigata Garibaldi entrarono nel carcere di Schio, catturarono tutti i detenuti (fascisti, ragazze figlie di fascisti rinchiuse come ostaggi, casalinghe, morosi) e fecero una strage uccidendo 54 persone. All’inizio la polvere cade su questa pagina di storia, come su tante altre, l’Italia si distrae e poi si divide ma la retorica resistenziale confondendo eroismo con infamia riesce a ottenere la massima onoreficienza della Resistenza per Valentino Bortoloso (la cerimonia si è svolta lo scorso giugno), poi revocata dal ministero della Difesa (non aveva “controllato” i profili dell’albo stilato dall’Anpi?).
“Caro signor Valentino”
Dopo decenni dalla guerra civile che ha insanguinato il nostro paese l’abbraccio, cercato dalla figlia del podestà dopo un lungo calvario spirituale testimoniato dalla lettera scritta a Bortoloso “caro signor Valentino, forse questo mio desiderio la stupirà, ma le assicuro che non proviene solo da me, ma da Altrove” è un simbolo forte, un modello a cui dovrebbero attingere gli stanchi epigoni dell’odio fratricida, i guastatori dell’unità e dell’identità popolare, i nostalgici dell’ideologia che ancora oggi, povere macchiette, smaniano per fare a pugni con il nemico.
Un esempio per i giovani oltre l’odio
«L’atto che oggi si compie, in questo giorno e in questo luogo – ha detto il vescovo Pizziol – ha un significato decisivo per la vita di queste due persone, Anna Vescovi e Valentino Bortoloso, ma anche per i famigliari delle vittime dell’eccidio di Schio del 7 luglio 1945, per l’Associazione Partigiani, per tutta la comunità civile e religiosa, e diventa scuola di pace e perdono». Dopo l’abbraccio la firma sotto un breve testo che recita: «Consapevoli che è giunto il momento di pacificare le tragiche contraddizioni della stessa storia di 70 anni orsono, in un sacro e umile silenzio, con grande atto di coraggio da entrambe le parti, ci siamo incontrati in un commosso abbraccio di grazia e di perdono». Sorridono: il vecchio partigiano che ha sulla coscienza la morte del fascista e la figlia del fascista, vittima innocente dell’odio degli adulti.