Porzus non basta, la pacificazione passa solo per Piazzale Loreto
Ci sono voluti 72 anni, la fine del comunismo realizzato, e la pellicola di un film a stento tollerata, quella di Renzo Martinelli, per vedere per la prima volta i labari dell‘Anpi alla cerimonia di commemorazione dei 17 partigiani della Brigata Osoppo, trucidati nel febbraio del ’45 nella malga di Porzus, al confine orientale italiano. Partigiani uccisi da partigiani in un crescendo micidiale di divisioni e di odi. Quelli della Osoppo, guidati da Francesco De Gregori, nome di battaglia Bolla e zio del cantautore, e di cui faceva parte anche Guido Pasolini, detto Ermes, fratello di Pier Paolo, poeta e regista, avevano al collo il fazzoletto verde. I loro “macellai”, invece, quello rosso. Autentici banditi, questi ultimi, che con il pretesto della caccia al fascista uccidevano chiunque potesse opporsi al disegno di pulizia etnica con cui cancellare gli italiani da terre italianissime come Fiume, Istria e Dalmazia. Li comandava Mario Toffanin, detto Giacca. Italiano anche lui, ma che gli ordini li prendeva dal croato Tito, il futuro padrone di quelle stesse terre. Da quei fatti sono passati 72 anni, ma queste verità fanno ancora male e, soprattutto, fanno fatica a trovare posto nei discorsi ufficiali. A prevalere è ancora la reticenza, il non detto. In molti casi la menzogna addirittura. Solo poco tempo fa, da capo dello Stato, Giorgio Napolitano accennò alla tragedia di Porzus catalogandola come «una zona d’ombra del movimento di liberazione». Un incidente, insomma, una macchiolina nella pur sempre immacolata temperie resistenzialista. Non è molto, ma è meglio di niente, considerata la fonte. Nessuno azzardi a pensare, però, che da questa imbarazzata ammissione possa scaturire una più complessiva e veritiera riconsiderazione dei due anni di guerra civile che ancora dividono la nostra memoria collettiva. In fondo, anche i “fazzoletti verdi” della Osoppo erano partigiani. Ecco perché non ci sentiamo di condividere fino in fondo le parole di chi, come Deborah Serracchiani, anche lei presente all’evento, ha voluto definire la commemorazione dell’eccidio di Porzus «come un gesto che assume un significato di pace e di riconciliazione». È vero, ma solo in parte: la riconcializione, quella vera, passa soprattutto per Piazzale Loreto.