Renzi all’addio, oggi perde anche il Pd. Ma lui è sempre convinto di essere al 40%…
Oggi quasi certamente annuncerà le sue dimissioni, ma in realtà è l’ennesima mossa tattica per ritornare in sella al partito e magari ricandidarsi alla presidenza del Consiglio. Perché in fin dei conti Matteo Renzi è convinto di essere sempre il più figo e di avere il 40% delle Europee, altrimenti non si spiegherebbero i toni che usa nella lettera che si prepara a spedire ai militanti. «Abbiamo bisogno di due cose: un grande coinvolgimento popolare e una leadership legittimata da un passaggio popolare. Ma abbiamo anche bisogno che chi perde un congresso o le primarie il giorno dopo rispetti l’esito del voto», è uno dei passaggi della missiva che l’ex invierà domani dopo la direzione Pd a tutti gli iscritti al Partito democratico. Oggi, nella direzione nazionale del Pd, Renzi dovrebbe annunciare le sue dimissioni per poi convocare il congresso, ma la sua rielezione non è affatto scontata.
La sfida di Emiliano a Renzi
«È evidente che siamo in una fase in cui abbiamo costretto il segretario a fare il congresso, perché lui non lo voleva fare», attacca il governatore della Puglia, Michele Emiliano intervistato dal Giornale. «Renzi Aveva un altro obiettivo: voleva saltare direttamente alle elezioni. Aveva pensato, con la sentenza della Corte costituzionale, di sequestrare i capilista e di costruire questo progetto folle, sterile, triste, insopportabilmente inutile, al solo fine di tutelare un po’ di deputati», attacca Emiliano. «Con lui siamo stati attentissimi alle esigenze di petrolieri, banchieri e anche golfisti, dobbiamo invece essere il partito dei cittadini», conclude Emiliano parlando degli errori del segretario. La richiesta di dimissioni di Renzi arriva anche dal governatore della Toscana Enrico Rossi, che si candida a sua volta alla guida del Pd: «Bersani, dopo la non vittoria, che comunque ha consentito a Renzi di governare a lungo, si dimise e si insediò Guglielmo Epifani, come segretario di garanzia. Rimase lì sette mesi. Il che consentì un congresso vero», spiega Rossi, in una intervista al Corriere della Sera. «Invece mi pare che Renzi spinga per rifare la conta subito, per personalizzare ancora. Un gioco disperato», sottolinea Rossi. Perché secondo Rossi i tempi per un congresso ci devono essere: «Due mesi sono una presa in giro. Ci vuole tempo per le mozioni, per la discussione. Poi ricordiamoci che ci sono le amministrative. Vogliamo andare al voto con un congresso che ci divide?».