Alatri, una delle due belve rilasciata il giorno stesso del massacro

29 Mar 2017 15:47 - di Ginevra Sorrentino

Nel flusso di notizie e indiscrezioni che accompagna ininterrottamente gli aggiornamenti sul brutale omicidio di Emanuele Morganti, come drammaticamente noto, massacrato di botte ad Alatri fuori da un locale, per futili motivi, una più di altre lascia sgomenti: Mario Castagnacci, insieme al fratellastro Paolo Palmisani, attualmente in isolamento nel carcere capitolino di Regina Coeli per il rischio di ritorsioni e minacce da parte di altri detenuti, era stato fermato a Roma giovedì 23 marzo in quanto in possesso di sostenze stupefacenti – il Giornale scrive addirittura di «centinaia di dosi di droga» –, ma sarebbe stato rilasciato solo un giorno dopo, il 24 marzo: la notte, poi, sarebbe avvenuto ad Alatri il terrificante pestaggio mortale.

Uno dei killer di Alatri arrestato il giorno prima del pestaggio

Tutto ha inizio mercoledì 23 marzo, quando in serata i carabinieri trovano nel suo appartamento a Roma la droga pronta per essere spacciata, suddivisa in dosi pronte per essere vendute. Al termine dell’irruzione Castagnacci viene arrestato insieme ai suoi coinquilini. «Il gip del Tribunale di Roma però –riporta sempre il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti – convalidando l’arresto per Castagnacci e altri tre complici, riconosce la tesi difensiva del “consumo di gruppo”». Così Castagnacci viene rilasciato il mattino successivo all’arresto e messo a domiciliari: rpnto per tornare a fare del male, come poi è tragicamente accaduto. Così, nel pomeriggio del 24 il giovane rientra ad Alatri e poche ore dopo, a notte appena iniziata, uccide a colpi di spragna e calci in faccia il povero Emanuele. E Castagnacci, come il fratellastro Paolo Palmisani, è un osggetto violento: pèer chiamarli come andrebbero chiamati, sono due belve assetate di sangue. Una ricostruzione di indole e comportamenti confermata da numerose testimonianze in questi giorni: come quella rilasciata da alcuni avventori sentiti dagli investigatori al lavoro sul caso, secono i quali i due – che subito sopo il pestaggio sisono spostati in un locale di Frosinone, lungo la Statale Monti Lepini – si sarebbero vantati a viva voce di aver messo a tacere as suon di botte «uno che ci aveva risposto».

I killer, due belve sadiche e spietate: questo raccontano le testimonianze 

Non solo: qualcosa nel muro di silenzio ostentato in questi giorni dopo il massacro di Emanuele ad Alatri – un po’ per omertà, un po’ per paura di possibili vendette o ritorsioni – sembra si stia man mano sgretolando. E tra chi riconosce che i due sono considerati in paese persone violente e senza scrupoli, attabriga e comsumatori quotidiani di cocaina, c’è anche chi, almeno con uno dei due, Paolo Palmisani, ha avuto in passato brutte esperienze dovendo proteggere il figlio dagli atti violenti e persecutori dell’adolescente che, la testimone che parla che vuole rimanere anonima conferma, già da ragazzino si comportava in maniera sadica e spietata. Così come sadico e spietato, oltre che vigliacco, è stato il pestaggio con cui le due belve hanno assassinato il povero ventenne: un delitto efferato che non avrà mai un perché.

 

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