Inge Feltrinelli risveglia gli spettri: “Mio marito fu ucciso, sapeva di Gladio”

12 Mar 2017 13:35 - di Corrado Vitale

Inge Feltrinelli risveglia gli spettri del passato. E lo fa, probabilmente, per fornire  qualche motivo di interesse a una intervista altrimenti noiosa. “La morte di mio marito? Fu un omicidio  politico: Giangiacomo sapeva di Gladio”. Così afferma Inge  al Corriere della Sera, sottolineando che “certo  non è stato un incidente”. “Aveva capito che non avrebbe cambiato il mondo con i libri, o l’avrebbe cambiato troppo lentamente. Tentai di fermarlo. Lui mi lasciò. Nel mio diario scrissi: ‘He’s lost’, è perduto” . E alla domanda da chi sarebbe stato  ucciso, la Feltrinelli risponde: “Non lo so. Era un uomo scomodo. Troppo scomodo, troppo libero, troppo ricco; troppo tutto. Era tenuto d’occhio da cinque servizi segreti, inclusi Mossad e Cia. E ovviamente quelli italiani.  Forse sono stati loro. Lui sapeva di Gladio e dei loro depositi di esplosivi. Per difendersi da Gladio fondò i Gap, reclutando ex partigiani e giovani rivoluzionari. Temeva un golpe di destra; e non era una paura immaginaria”.

  “I giornali – dice ancora la Feltrinelli- pubblicarono la foto del cadavere di uno sconosciuto: lo riconobbi subito. Tra i poliziotti lo riconobbe il commissario Calabresi. Venne qui a casa alle sei del mattino, a interrogare il portiere. Solo dopo mi portarono all’obitorio. È uno dei tanti misteri italiani irrisolti. Come la morte del nostro amico Pasolini. Anche lui un uomo scomodo”.

Dopo tanti anni, tutto fa brodo pur di risvegliare la curiosità del pubblico. In realtà, la morte di Feltrinelli non ha mai destato particolari domande. La situazione apparve subito chiara, quando il corpo dell’editore-guerrigliero fu ritrovato sotto un traliccio dell’alta tensione a  Segrate. L’attentatore rimase dilaniato dalla stessa bomba che si si appresta a collocare. Feltrinelli faceva, appunto, l’editore, non l’artificere ed è ragionevole pensare che l’imperizia nel maneggiare l’ordigno gli fece un brutto scherzo.

“Giangi” aveva da anni operato la sua scelta “rivoluzionaria”. Nel 1964 compì un viaggio a Cuba, dove rimase folgorato dalla personalità di Fidel Castro. Di qui l’idea di importare in Italia la stessa tecnica guerrigliera. Arrivò al punto di prendere contatti con il bandito sardo Graziano Mesina, per tarsformare l’isola in un sorta di Cuba del Mediterraneo. Feltrinelli  Stava proprio fuori  di testa, ma rimane il fatto che i gruppi da lui fondati sono, storicamente, le prime espressioni del terrorsimo di sinistra in Italia.

Di una cosa dobbiamo comunque ringraziare Inge Feltrinelli: non pubblicherà un manoscritto inedito  di Castro.”E’ noiosetto”, ha dichiarato. Ci ha indubbiamente risparmiato una marea di retorica e di entusiastiche recensioni da parte dei soliti noti.

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