
Quattro anni senza Califano: ecco le canzoni che più lo ricordano (video)
Cronaca - di Priscilla Del Ninno - 31 Marzo 2017 alle 14:55
Quattro anni senza il Califfo. Senza le sue provocazioni, senza il suo estro, la sua sensibilità nascosta tra le righe di un personaggio ruvido che ha vissuto rumorosamente e se n’è andato in silenzio, in punta di piedi, spegnendosi nella sua casa di Acilia, Aventino forzato dai problemi economici in cui si era rifugiato negli ultimi anni, abbandonando la sua Roma. E tra eventi e commemorazioni private, è previsto per domani un tributo live a Latina con un concerto-omaggio della band L’ombra del Califfo e del coautore di Tutto il resto è noia, una frase simbolo tatuata nella memoria collettiva, non solo dei romani.
Quattro anni fa l’addio a Franco Califano
Quella Roma con cui Califano ha avuto sempre un legame dalle radici profonde, una città che ha fatto da sfondo ai suoi successi e da set di una vita che lo ha visto protagonista della scena, ora playboy incallito, ora poeta romantico, un po’ poeta e tanto mascalzone, capace come pochi altri di raccontare in musica e canzoni i suoi vizi e le sue debolezze. Un personaggio irresistibilmente controverso, protagonista di una vita da romanzo che, tra colpi di scena e capitoli giudiziari che lo hanno visto protagonista di vicende di droga, culminate nel primo arresto nel 1970, coinvolto con Walter Chiari (poi assolto), e poi, ancora, nel 1983, nuovamente accusato di possesso di stupefacenti e in questo caso anche di armi, coinvolto a diverso titolo nella vicenda che travolse ingiustamente anche Enzo Tortora (assolto dopo anni di malagiustizia con formula piena). Lui, che dopo una vita di ingiustizie e di mancati riconoscimenti, il 14 settembre 2008, nel giorno del suo settantesimo compleanno, e in occasione del concerto a piazza Navona, tornò a dire: «Io sono liberale, anticomunista. Ho chiesto al sindaco Alemanno, mio caro amico, di poter cantare in qualche bella piazza. E lui mi ha fatto un meraviglioso regalo. Per 5 anni mi hanno impedito di cantare perché mi hanno bollato come uno di destra».
Una vita tra successo e oblio, palco e periferia
Tornare a cantare in qualche piazza di Roma: questo era il suo sogno negli ultimi anni. Una Roma, palcoscenico a scena aperta di concerti, spettacoli, e persino di una lezione alla Sapienza nel 2001, dove era stato invitato per parlare dei testi dirompenti delle sue canzoni, e anche di un tour nelle carceri del Lazio, grazie ad un’iniziativa della Regione di cui lui era molto soddisfatto. E allora, quella romanità spesso sinonimo di tracotanza bonaria. Quel suo fascino gaglioffo unito a un temperamento spericolato, nel tempo hanno accreditato di lui l’irresistibile maschera del “macho” irriverente e indomito, chiamata a nascondere un animo vulnerabile. Una sensibilità, la sua, rinnegata sotto quel panama bianco e nascosta dietro quel sigaro in bocca che dalla copertina di uno dei suoi tanti successi ostentavano spregiudicatezza da latin lover, e tradotta in tanti indimenticabili canzoni cantate da lui, o regalate a Mina, Mia Martini, Ornella Vanoni. E allora, non solo Tutto il resto è noia, ma anche Minuetto, La musica è finita, E la chiamano estate, Una ragione di più, accanto a La vacanza di fine settimana e a Io non piango, diventano il manifesto esistenziale di un autore e di un interprete a metà tra mondanità e solitudine, palco e periferia. Indecifrabile quanto genuino, capace di raccontare l’amore più alto e il fondo toccato in tante storie alla deriva. Di cantare una vita punteggiata da eccessi che, tra ricchezza e difficoltà economica, vocazione alla trasgressione e insofferenza per le convenzioni, ha alimentato il mito dello chansonnier maledetto che non si è risparmiato neppure l’esperienza del carcere, anche quella sublimata in musica grazie all’album Impronte digitali. Un irrefrenabile amore per la canzone, che non ha abdicato nemmeno alla vecchiaia e alla malattia. «Comincerò ad invecchiare cinque minuti prima di morire» disse una volta. E così è stato. Ecco le canzoni con cui ci piace ricordarlo.