Strage di Bologna, pesanti critiche da Bolognesi ai pm che vogliono archiviare
Non ci sta, Paolo Bolognesi, ex-parlamentare del Pd e presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime del 2 agosto 1980. E contesta duramente la decisione dei magistrati della Procura di Bologna che hanno chiesto l’archiviazione delle nuove indagini sulla strage di Bologna sollecitate con un dossier, presentato proprio dall’associazione, costruito mettendo insieme, come un collage, vecchie vicende e inutili atti processuali.
L’accusa alla magistratura è pesante: sbrigativa, non ha letto le memorie. O non le ha comprese. «O non hanno letto (le memorie, ndr) o non le hanno comprese», dice sostanzialmente Bolognesi annunciando di aver già presentato opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dai pm al gip.
«L’Archiviazione richiesta dalla Procura di Bologna – accusa Bolognesi – tiene conto solo di vecchie sentenze e non dei fatti nuovi. Molte persone informate dei fatti non sono state interrogate. Altre, nel frattempo, sono morte. Bisogna continuare ad indagare. Il provvedimento della Procura è stato sbrigativo. Noi non ci arrendiamo e produrremo presto altre memorie a sostegno delle nostre ragioni».
«Dopo un’attenta lettura della loro istanza – dice Bolognesi riferendosi alle motivazioni della Procura di Bologna – possiamo affermare che la richiesta è priva di fondamento perché si riduce ad una rilettura di sentenze vecchie trent’anni, che conosciamo anche noi. Ciò che chiedevamo, e continueremo a chiedere, è di indagare sugli elementi nuovi, emersi dopo quelle sentenze, e che abbiamo dettagliato in più memorie depositate in Procura. Quindi, o non le hanno lette o non le hanno comprese».
«Ad esempio – spiega Bolognesi -, sono stati lasciati morire, per cause naturali, alcuni di coloro che avrebbero dovuto essere degli inquisiti, senza compiere, nei loro confronti, significativi atti di accertamento delle prove».
«Non hanno preso in esame il depistaggio preventivo costruito dai Servizi segreti, nel marzo 1980, su Marco Affatigato – rincara le accuse il presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime del 2 agosto 1980 – Non hanno interrogato personaggi come Mario Ortolani, figlio di
Umberto, dal cui conto provenivano una parte dei soldi rendicontati nel “documento Bologna” sequestrato a Gelli al momento del suo arresto, e che si sono limitati a rileggere sulla base di una vecchia relazione della guardia di Finanza del 1987, senza indagare sui nuovi elementi che, dal 1987 ad oggi, abbiamo trovato e depositato».
«Non hanno interrogato – aggiunge Bolognesi – Rita Stimamiglio, nonostante i significativi contenuti della corrispondenza che faceva riferimento ai contatti con Licio Gelli, che abbiamo consegnato, e le affermazioni, fatte proprio alla Procura, dal fratello Giampaolo il 1°febbraio 2017. Si è liquidato i Nar degli stragisti Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini come dei neofascisti spontaneisti, non controllati da P2 e Servizi segreti, come, invece, dimostra la sentenza definitiva di condanna di Gelli, Francesco Pazienza e degli allora vertici del Sismi per averli protetti depistando le indagini sulla strage. E come nuovi elementi che abbiamo dettagliato confermano».
«Non si può chiedere di archiviare l’indagine sui mandanti della più grave strage del Dopoguerra sulla base di vecchi esiti giudiziari senza scomodarsi ad indagare sui nuovi elementi emersi fino ad oggi», sale di tono Bolognesi arrivando a dire che quella dei magistrati di Bologna è «una rinuncia all’azione penale molto grave che i familiari delle vittime, la società civile e tutte le forze democratiche della città di Bologna e del Paese non lasceranno passare». Un’intimidazione vera e propria alle toghe.
«Se, dopo 37 anni di battaglie contro depistaggi e apparati- conclude il parlamentare Pd – per arrivare alla verità sui mandanti della strage, condotti dalla nostra Associazione, qualcuno crede di scoraggiarci, tentando di seppellire la vera storia della cupola eversiva stragista, che abbiamo e stiamo comprendendo, può darsi pace perché non ci arrenderemo».