
21 Aprile, Natale di Roma: la Storia è millenaria, ma la Città è inerte
Home livello 2 - di Mario Aldo Stilton - 20 Aprile 2017 - AGGIORNATO 21 Aprile 2017 alle 09:30
21 aprile, Natale di Roma. Convenzione che sta per nascita. Storia e leggenda che s’intrecciano, s’inseguono, si fondono e persino si confondono. 21 aprile, Natale di Roma. Triste ricorrenza della Città che, prima, riuscì dove nessuno mai. Che dominò tutto il mondo conosciuto. Che per farlo impose la spada, ma che tutti poi volle partecipi del suo grande messaggio di civiltà. Che gratificò le aspirazioni di ognuno con la concessione della cittadinanza. 21 aprile, Natale di Roma. Civis romanus sum: l’orgoglio di una appartenenza senza alcun pregiudizio per la differenza. Perché era ovvio che nella comprensione della missione civilizzatrice ogni differenza si sarebbe annullata. Era e fu Roma, perciò. Era e fu Regno e poi Repubblica e ancora Impero: quei sette colli che il poeta immaginò fatali e che s’irradiarono in ogni angolo del conosciuto. Più di mille anni. Oltre dieci secoli di dominio non solo militare. Di conquiste sociali e di codici, di urbanizzazioni e di letteratura e di arti e di poesia. Tutto questo e quant’altro ancora fece dell’Urbe il vero motore della Civiltà del mondo. 21 aprile, Natale di Roma. Che quindi si accasciò in secolare letargo, risvegliandosi solo per un momento in forza dell’amore struggente di quel sanguigno Romagnolo. Colui che l’immaginò nuovamente austera e potente provando persino a restituirle, oltre alla festa, il respiro perduto dell’Impero. Ma fu soltanto un attimo. Un tempo ormai dimenticato. E perciò sconosciuto. Che quella che fu faro della nostra Civiltà si rannicchiò irrimediabilmente su se stessa. E ancor oggi è inerte. E triste. 21 aprile, Natale di Roma.