Alberto Stasi e Alexander Boettcher nella stessa cella del carcere di Bollate
Si ritrovano nella stessa cella Alberto Stasi, l’ex-studente bocconiano condannato a 16 anni per l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, e Alexander Boettcher, il broker condannato per le aggressioni con l’acido e che avrebbe formato assieme all’ex-bocconiana ed ex amante Martina Levato la cosiddetta “coppia diabolica”. Entrambi sono detenuti e condividono, da qualche settimana, la stessa cella del carcere milanese di Bollate.
Stasi è detenuto dal 12 dicembre del 2015 nel “carcere modello” di Bollate dove si è consegnato dopo la condanna definitiva per il caso di Garlasco.
L’ex-bocconiano si è rimesso a studiare per prendere una seconda laurea, stavolta in Giurisprudenza dopo quella in Economia presa in precedenza.
Boettcher, invece, dopo essere stato arrestato il 28 dicembre del 2014, è stato detenuto a San Vittore e, solo qualche mese fa, è stato trasferito a Bollate dove, da non molto, condivide la stessa cella con Stasi.
Boettcher fu condannato a 14 anni in appello per il blitz contro Pietro Barbini e a 23 anni in primo grado per le altre aggressioni compiute assieme alla sua fidanzata Martina Levato, condannata a vent’anni e che, proprio oggi, ha presentato ricorso per Cassazione, attraverso il suo avvocato, contro il provvedimento adottato dai giudici milanesi che avevano tolto il figlio alla coppia ritenendo che non sarebbero stati in grado di dare «adeguati riferimenti morali e materiali al bambino, in anni decisivi per la sua crescita fisica, scolastica e relazionale».
Nè alla Franzoni né ai mafiosi è stato riservato un trattamento simile, ribatte nel suo ricorso in Cassazione la Levato. Che ricorda i «tanti casi in cui, a fronte dell’accertata condotta delinquenziale di uno o di entrambi i genitori, nessun tipo di censura alle capacità genitoriali sia stata mai mossa»: Franzoni, Parolisi, tutti i casi di associazione di stampo mafioso, in cui intere famiglie delinquono, con i figlioli al seguito». Per il suo avvocato la pronuncia dei giudici milanesi è «assolutamente tranchant, pericolosamente moralistica e davvero sorprendente in quanto formulata da giuristi».