“L’inviato del Corriere che seguiva Renzi fu intimidito dai servizi segreti”
Un giornalista del Corriere della Sera venne “intimidito” dai servizi segreti perché troppo solerte nel seguire gli spostamenti di Matteo Renzi. A rendere pubblico quello che finora era un gossip per addetti ai lavori, è stato Andrea Cangini sul Quotidiano nazionale. L’episodio risale all’estate del 2014. Renzi era presidente del Consiglio ed era in vacanza in un hotel della Versilia. Scrive Cangini che il giornalista ricevette nella stanza d’albergo dove alloggiava, la visita di un signore robusto che, qualificatosi come agente dei servizi segreti, con tono convincente inanellò tre affermazioni in un’unica, breve frase: «So chi sei, so chi è tua moglie, so chi è la tua amante». Il collega capì il messaggio e fece la valigia.
L’ira di Renzi e la solerzia dei servizi segreti
Con tutte le cautele del caso Cangini precisa: «Non è detto che a mobilitare l’uomo dei servizi fosse stato Renzi in persona, né che l’allora premier fosse a conoscenza della cosa. Lo zelo dei funzionari spesso prescinde da richieste esplicite. Certo è che da sempre i servizi segreti vengono usati anche a fini politici».
Renzi prima avvertì de Bortoli, poi scattò la “visita” al giornalista
Gli altri tasselli della storia? Sono pubblicati in un libro uscito nei mesi scorsi. “I segreti di Renzi” scritto da Maurizio Belpietro, Giacomo Amadori e Francesco Borgonovo (edizioni Sperling & Kupfer). Nel libro in questione viene riportato lo stesso aneddoto con qualche particolare in più. Il giornale in questione era il Corriere della Sera e l’inviato era Marco Galluzzo. Sono i giorni a cavallo di Ferragosto e il premier sta trascorrendo le ferie all’hotel Villa Roma Imperiale di Forte dei Marmi. «Quando Renzi lo viene a sapere – si legge nel libro – va su tutte le furie e manda uno dei suoi sms di fuoco al direttore del Corriere Ferruccio de Bortoli. Secondo il premier, la presenza del giornalista nel suo albergo rappresenta una violazione della privacy». Il direttore contatta il suo giornalista, che gli racconta quel che è successo. «Il capo scorta di Renzi lo aveva avvicinato per dirgli: noi sappiamo tutto di te, anche la tua vita privata, stai attento».
E Galluzzo su Twitter paragonò Renzi a Putin
Galluzzo non scriverà mai di quel fatto sul Corriere, né lo farà mai de Bortoli, che si limiterà ad accennare alla cosa in un’intervista a Prima comunicazione. Qualche tempo dopo, su Twitter, al seguito del premier in Russia, il giornalista si limiterà a postare un cinguettio che, con il senno di poi, sembra un avvertimento ai lettori (e agli italiani). «Renzi a Mosca dopomani: i russi dicono che non vuole domande dai giornalisti, Renzi non Putin». Appunto Putin. Come a lasciare intendere che la libertà d’informazione fosse più un problema per il nostro premier che per il presidente russo.
Se al posto di Renzi ci fosse stato Berlusconi…
Rileggendo quanto denunciato da Belpietro e Cangini, viene da immaginare cosa sarebbe successo se quell’avvertimento fosse arrivato dalla scorta del premier Silvio Berlusconi. I giornalisti di via Solferino sarebbero scesi in sciopero per una settimana, i tg avrebbero dato la notizia a reti unificate e le pasionarie di “Se non ora quando” sarebbero tornate in piazza. Con Renzi, invece, il tutto è rimasto relegato ai gossip dati in pasto a Dagospia. Benvenuti nel Paese dei due pesi e delle due misure.