Gino Boccasile, celebrò l’Italia del fascismo e Mussolini con la sua arte
Se non fosse stato l’artista indiscusso che tutti riconoscono, per Gino Boccasile ci sarebbe stato un destino analogo a tanti meno bravi di lui, ossia l’oblìo. Ma lui è stato il più grande disegnatore, grafico, pubblicitario, pittore e illustratore di tutto il Novecento, e ignorarlo non è possibile: ancora oggi fa scuola e le sue opere sono ancora innovatrici e all’avanguardia. La damnatio memoriae contro di lui non è stata possibile, ma quanto la avrebbero voluta fare. E perché? Perché era un fascista irriducibile, dall’inizio alla fine. Nato nel 1901 a Bari, dove trascorse l’infanzia e l’adolescenza mostrando straordinarie attitudini per il disegno, dopo la morte del parte, che si occupava di profumi, si trasferì a Milano, dove iniziò a lavorare nel campo dell’illustrazione pubblicitaria. Iniziò la collaborazione con lo studio grafico, uno dei pochissimi dell’epoca di Achille Mauzan, imponendo immediatamente il suo stile personalissimo e originale. Uno dei suoi primi lavori gli venne commissionato in occasione della prima Fiera del Levante di Bari, per la quale fece trenta cartoline. Gli amici lo chiamavano GiBi, e lui iniziò a firmarsi così. Si sposò con Alma Corsi, dalla quale ebbe due figli. Dopo aver esposto quadri anche a Parigi, forma una società con un amico, Francesco Aloi, La Galleria del Corso, che fornisce realizzazioni grafiche e illustrazioni a praticamente tutte le riviste dell’epoca. Continua la collaborazione di illustrazioni per libri per ragazzi per Rizzoli, Mondadori e altre case editrici, Disegna una serie di ritratti per Grandi Firme, la rivista di Pitigrilli, chiamate appunto le Signorine Grandi Firme.
Boccasile dopo l’8 settembre si indignò per il tradimento e aderì alla Rsi
Fascista da sempre, le sue donne sono sane, solari, procaci, come il piacciono all’immagine che il governo fascista e Mussolini volevano propagandare. Allo scoppio della guerra, Boccasile non può che disegnare eventi bellici e illustrare la lotta del fascismo contro quelle che il Duce chiamava le plutocrazie occidentali. E lo fa con impegno e immaginazione. Con entusiasmo, anche, esalta le gesta eroiche degli italiani ma ne annota anche onestamente le sconfitte: dopo l’Amba Alagi fa quel bellissimo manifesto intitolato Ritorneremo. Nel 1942 illustra una serie di cartoline in cui si descrivono le sofferenze dei russi sotto la dittatura sovietica. Dopo l’armistizio Boccasile, indignato per quello che considera un tradimento ignobile, aderisce alla Repubblica Sociale Italiana. Diventa tenente della 29ma Divisione granatieri delle SS italiane e disegna centinaia di manifesti in favore dell’alleanza italo-tedesca. Boccasile si mostra sempre più convinto della strada intrapresa, e Mussolini nutre per lui grande stima. D’altra parte suoi manifesti parlano da soli: «nessuna pietà per traditori e ribelli», «resistenza armata all’invasore anglo-americano unico mezzo per riscattare l’onore dell’Italia infangato dal tradimento». Continuò a lavorare sino all’ultimo giorno di guerra. Subito dopo, fu ovviamente arrestato per collaborazionismo, ma altrettanto ovviamente viene assolto per non aver commesso alcun tipo di reato. Rimane emarginato qualche tempo, le aziende avevano paura a servirsi di lui nonostante fosse il migliore, perché giudicato troppo compromesso col fascino, cosa che lui non nascose mai. Disegnò alcune cartoline e manifesti per il nascente Movimento Sociale Italiano, lavora un po’ all’estero, fino a quando il talento ebbe la meglio sul becero antifascismo: ricomparvero su riviste illustrate e manifesti i suoi disegni per Chlorodont, Formaggino Mio. Yogurt Yomo, agenzie di assicurazioni, amaro Ramazzati, Moto Bianchi e tantissime altre. Muore a Milano il 10 maggio del 1952, 65 anni fa, mentre stava illustrando il Decameron di Boccaccio lasciandolo incompiuto. L’opera verrà poi completata da uno staff di disegnatori suoi estimatori tra cui Walter Molino. Riposa al cimitero Maggiore di Milano.