I 70 anni di Zeman: «Mi piace vincere rispettando le regole». Le sue frasi famose
«Io senza calcio non sto bene. Fosse per me arriverei a morire in tuta, a novant’anni, all’aria aperta, a insegnare pallone a qualche ragazzo che avesse ancora voglia di starmi a sentire». Mr Zdeněk Zeman, croce e delizia dei tifosi italiani, compie oggi 70 anni, 40 passati sul campo. Il Boemo, Padre nobile del 4-3-3 con l’immancabile sigaretta nella mano destra, nasce infatti il 12 maggio 1947 a Praga per poi trasferirsi in Italia stabilmente dal 1969. Per celebrare il mito del “Foggia dei miracoli” e della Roma di Capitan Totti – uno fra pochi allenatori ad essere contemporaneamente tecnico e personaggio, “musa ispiratrice” di canzoni e film (da La Coscienza di Zeman di Venditti al doc “Zemanlandia” di Sansonna) – ecco quindi una raccolta di citazioni del Maestro amante del bel gioco e paladino della lotta al doping nel calcio italiano.
Zeman, ecco le frasi più famose
Sigarette «Non conto mai le sigarette che fumo ogni giorno, altrimenti mi innervosirei e fumerei di più».
L’importante è partecipare «Talvolta i perdenti hanno insegnato più dei vincenti. Penso di aver dato qualcosa di più e di diverso alla gente».
Un capitano Alla domanda: «Quali sono i 5 migliori giocatori italiani?» risponde: «Totti, Totti, Totti, Totti e Totti».
Regole «Non è vero che non mi piace vincere: mi piace vincere rispettando le regole».
Leader «Come allenatore ho la responsabilità per quello che si fa in campo ma anche fuori, per questo cerco di conquistarmi il ruolo di leader, per farmi seguire. Si dice che io incuta timore, ma per imporsi non ci sono spartiti precisi, bisogna cercare di farsi seguire, col buon esempio, attraverso il comportamento personale».
Dignità «Non c’è nulla di disonorevole nell’essere ultimi. Meglio ultimi che senza dignità».
Doping «Quello che dovevo dire sul doping l’ho detto nel ’98. E, tornassi indietro, lo rifarei. Non mi interessano rivincite, non mi fa né caldo né freddo sentirmi ripetere intorno “avevi ragione”. Mi avvilisce, piuttosto, accorgermi di come tanti non abbiano capito, oggi come allora, che quello era un allarme lanciato per il bene di chi fa sport, per la salute di tanti giovani».
Nuovi talenti «Anche gli altri non hanno vinto nulla, io lancio i giovani».
Corsa «Alcuni giocatori si lamentano che faccio correre troppo? A Pescara vivo sul lungomare, e ogni mattina vedo un sacco di persone che corrono. E non li paga nessuno loro».
Gli spari sopra Dopo il secondo esonero dalla Roma alla domanda «smetterà di allenare?» risponde «Dovrebbero spararmi».
L’anticomunismo di Zeman
Nel 1968, il giovane Zdenek Zeman lascia la Cecoslovacchia per l’Italia. Ad attenderlo in Sicilia c’è lo zio Čestmír Vycpálek, già giocatore dei rosanero e della Juventus. È stato lui a trasmettergli la passione per il calcio e Zdenek ha voglia di saperne di più. Sarebbe solo per qualche mese, giusto il tempo di apprendere schemi e tattiche di uno sport che l’Italia contribuisce a rendere grande, prima di tornare a casa e cominciare ad allenare nel suo Paese. Ma i carri armati dell’Unione Sovietica entrano a Praga e Zdenek resta in Italia. Dalla Sicilia partirà la sua avventura da allenatore, accompagnata dal suono dei cingolati che invadono la sua città.