Giugno 1948: primo congresso del Msi all’insegna di un motto forse suggerito da Moravia
Fu celebrato a Napoli, dal 27 al 29 giugno 1948, 69 anni fa, il primo congresso del Msi. Fu aperto da una relazione del segretario Giorgio Almirante e si concluse con l’approvazione di una mozione frutto della mediazione di Augusto De Marsanich che faceva sintesi tra le due anime del Movimento: la sinistra sociale (cui lo stesso Almirante apparteneva) e la destra politica. Fu firmata anche da Domenico Pellegrini Giampietro, Ernesto Massi, Nicola Galdo, Nino Tripodi e Giorgio Bacchi.
Secondo Piero Ignazi, autore di una prima storia del Msi, “Il Polo escluso” – il tono del congresso fu dato dagli interventi degli uomini della sinistra. Massi nel suo discorso congressuale parlò con accenti fervidi di “nuovo ordine sociale” e di “nuovo ordinamento economico”. Il difficile compito di tenere insieme diverse aspirazioni se lo assunse De Marsanich, con un intervento in parte ripreso nella mozione finale, dov’è contenuto anche il celebre motto destinato a segnare la linea del Msi rispetto al Ventennio: “Non rinnegare, non restaurare”.
Sarà proprio Ernesto Massi, anni dopo, a rivelare il sospetto che certe frasi non fossero farina del sacco di De Marsanich, ma di Alberto Moravia, di cui l’esponente missino era parente. L’altra frase simile cui Massi alludeva era “né mercenari né disertori”, espressione che avrebbe dovuto sintetizzare la posizione del Msi rispetto all’alleanza atlantica.
Stabilita la linea del partito rispetto al fascismo, che resterà più o meno la stessa fino alla “svolta di Fiuggi”, la mozione approvata dal I congresso toccava altri punti politici importanti: invocava la pacificazione “tra le generazioni che il dramma della guerra civile ha diviso” e rilanciava l’idea corporativa in alternativa al materialismo storico e alla lotta di classe. Non si dimentichi che da un punto di vista economico il primo Msi sosteneva la sua alterità anche rispetto ai principi del liberismo.
Giorgio Almirante fu riconfermato segretario con tre vice: Arturo Michelini, Gianni Roberti e Ernesto Massi. Lo Statuto approvato proprio dal I Congresso rivendica il legame con l’esperienza fascista ma allo stesso tempo il Msi dichiara di non voler sopprimere la democrazia. Si pongono le basi insomma per quell’oscillazione tra una politica di inserimento e una di ancoraggio al passato che caratterizzeranno varie stagioni della storia del Msi. Del resto le elezioni del 1948 avevano mostrato chiaramente che al Nord i voti erano scarsi mentre al Sud giungevano più numerosi,a causa di un ricordo più benevolo del regime fascista: da subito si pone dunque il problema di modificare l’originaria identità “salotina” per riorientare il Msi con lo scopo di occupare lo spazio a destra della Dc.
L’ideologia nostalgica ha comunque agito, come rileva Marco Tarchi nel suo libro “Dal Msi ad An”, come un fattore frenante e allo stesso tempo ha favorito il carisma istituzionale del Msi. Da un lato infatti, sottolinea lo studioso fiorentino, il richiamo al fascismo ha circoscritto le possibilità di attingere a un bacino elettorale diverso da quello di appartenenza, ma dall’altro proprio questo fattore ha accreditato l’immagine di una “comunità di destino” compatta e altra rispetto al sistema.