Il rapporto tra politica ed economia: dare a entrambe lo spazio giusto
Tema annoso quello del rapporto tra politica ed economia, ma tema tuttora cruciale, come ha confermato il 47° Convegno dei Giovani Imprenditori di Confindustria, dedicato quest’anno alla “nuova economia” (“È la new economy, bellezza!”). Né fa fede la relazione introduttiva al convegno, svolta dal neopresidente Alessio Rossi, impegnato – come spesso accade in queste occasioni – a rivendicare con orgoglio il ruolo dei suoi giovani associati (oggi attenti – leggiamo nel programma – a valorizzare le opportunità offerte dalla sharing economy, dalla circular e dalla green economy, insieme alla old economy e al valore inestimabile del marchio “made in Italy”) senza perdere di vista il “contesto”, a cominciare dalla crisi della politica.
Rossi l’ha evidenziata con preoccupazione, contraddicendosi però quando ha sottolineato come, oggi, la politica decida molto meno di quello che crede e fa credere “perché più delle leggi, più dei programmi elettorali, più dei governi e dei parlamenti, chi decide giorno dopo giorno dove andrà il mondo è l’economia”.
Quando dicono che l’economia è una forza che alla lunga prevale “perché i cittadini votano una volta ogni 5 anni ma comprano tutti i giorni” i giovani industriali mostrano non solo di essere vittime di quell’antipolitica semplicistica e corrosiva che tanti danni ha fatto in questi anni ma anche di essere incapaci di immaginare percorsi alternativi in grado di ridare alla politica la dignità e lo spazio che le compete.
Se – come dice Rossi – servono nuove regole sul fisco, sulla concorrenza, sulla rappresentanza e sul lavoro, regole – parole sue – che devono essere frutto di una governance multilaterale, alcune domande di fondo sorgono spontanee : Come costruire queste “nuove regole” ? In che modo arrivare all’auspicata “governance multilaterale” ? E dove trovare il punto di mediazione degli interessi ?
Quando si chiede – come fanno i Giovani Industriali – “un intervento pubblico in campo ambientale e industriale e infrastrutturale, anche destinato ad aziende specifiche perché strategiche per tutto il sistema industriale”, bisognerebbe avere il coraggio di coniugare questa richiesta con le modalità di selezione delle scelte politiche, a partire dalla necessità di dare voce a tutti i soggetti i campo: imprenditori, manager, lavoratori, forze politiche e sociali. Per realizzare tutto questo la politica è essenziale molto di più di un’economia che da sola non può coprire funzioni che non le sono proprie.
Sul tema ai Giovanni di Confindustria consigliamo di leggere – giusto per ridare un equilibrio ai termini in campo – Benedetto Croce, non proprio un autore “sovranista”, allorquando, interrogandosi su “Liberismo e liberalismo”, criticava il primo per la sua pretesa di elevare i principi dell’utilitarismo a “regola e legge suprema della vita sociale”. Da questo “assolutismo” dobbiamo liberarci, nella misura i principi utilitaristici, di cui il liberismo economico si nutre, non possono essere innalzati a valore etico universale. Valeva ieri e continua a valere oggi. Per ridare alla politica e all’economia lo spazio che rispettivamente appartiene loro.