Matera. Per il Sud non bastano i buoni propositi, ci vuole buona politica
E’ il Sud dei “se” quello di cui ha parlato, novello Monsieur de la Palisse, Paolo Gentiloni, intervenendo a Matera alla conferenza “Mezzogiorno protagonista: missione possibile”: “Il Meridione può competere e vincere se si presenta con progetti convincenti e se è capace di fare sistema”. Soliti buoni propositi, senza costrutto – come hanno dichiarato il segretario confederale dell’Ugl Basilicata Giovanni Tancredi e, il segretario provinciale dell’Ugl Matera, Pino Giordano: “Abbiamo sempre sostenuto come Ugl che non vi è ripresa se l’intero Sud non riparte, tutte le regioni meridionali devono decollare insieme e se ciò non avviene, non si potrà pensare al Sud come grande piattaforma logicistica ed hub culturale e turistico, cerniera della inter-culturalitá e dell’accoglienza. Non proclami su capacità di stare insieme perché questa terra possa essere funzionale al Paese intero ma fatti, fatti concreti da realizzare. Ciò non sta assolutamente avvenendo, basti prendere atto dei dati forniti della Cgia di Mestre che oggi disegnano la Basilicata seconda regione con il più alto indice di sofferenze bancarie, pari al 19,9 per cento dei crediti concessi e dove la situazione economica a livello regionale è particolarmente grave anche a causa di tali situazione di sovraindebitamento che frenano l’economia e bloccano lo sviluppo locale”. Gentiloni – con la sua visita a Matera – conferma di essere in piena continuità con le non-politiche per il Mezzogiorno del suo predecessore, tristemente rimarcate da un Meridione “alla deriva”, senza una chiara rotta ed in balia di una crisi da cui appare difficile uscire, anche in presenza della pur debole ripresa ciclica del biennio 2010-2011 che ha caratterizzato le regioni settentrionali. Lo stesso richiamo alle “infrastrutture” – parola magica già usata nel passato – appare uno slogan se non si riesce a fare sì che i cantieri non diventino delle voragini mangiasoldi, che i tempi siano rispettati, che la qualità dei manufatti sia conforme a quanto appaltato. E qui entriamo nello specifico della crisi che noi definiamo “di sistema”. A cominciare dal tema della “legalità”. Inutile nasconderselo: intere aree del Mezzogiorno sono controllate dalla criminalità organizzata, che gestisce gli appalti, condiziona gli investimenti, ricatta le aziende. Vogliamo – con coraggio e chiarezza – porci il problema di quanto costa la criminalità in termini di mancato sviluppo nel Mezzogiorno? In che modo la criminalità si impossessa di specifiche aree di mercato e con quali effetti sulle regole della concorrenza? Quanto è diffuso il senso di insicurezza e di paura tra gli imprenditori meridionali ? Quanto questo “contesto” frena l’arrivo di investitori italiani ed esteri ? Non sono quesiti retorici. Purtroppo è la realtà. Dietro sigle malavitose, quali Ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra, Sacra Corona Unita, si nasconde una complessa e soffocante ragnatela, in grado di avvolgere e soffocare territori, realtà produttive, amministrazioni locali: dal Porto di Gioia Tauro all’ espandersi metodico delle organizzazioni mafiose, strutturate per “mandamenti” (con investimenti nell’edilizia, nelle società finanziarie e nell’ambito commerciale) , dalle estorsioni (attraverso danneggiamenti, incendi e minacce) fino al sistematico controllo di determinati servizi (con un’alterazione nel mercato che costringe coloro che lo richiedono a corrispondere somme notevolmente superiori agli standard di mercato rilevati per analoghi servizi), dai collegamenti di esponenti mafiosi con la Pubblica Amministrazione al coinvolgimento di ambienti della criminalità organizzata nella gestione di aziende municipalizzate. Pensare, in questo contesto, di riuscire a gestire la crisi meridionale in modo ordinario significa precludersi ogni possibilità di riuscita. Ci vuole allora ben altro che qualche intervento “a pioggia” se non si interviene per ricostruire un quadro generale di certezze nel campo della legalità, della trasparenza amministrativa, del rapporto cittadino-istituzioni. E qui veniamo al tema degli Enti Locali. Inquinamenti malavitosi da un lato e disarticolazione
regionalistica dall’altro hanno oggettivamente indebolito la costruzione di organiche politiche territoriali. Si abbia il coraggio di prenderne atto, svuotando finalmente le Regioni del potere che hanno dimostrato di non sapere gestire, impostando interventi dimensionalmente all’altezza della sfida in atto. E dunque “piani di regia” sovra-regionali, che affrontino una volta per tutte le annose questioni legate alle infrastrutture (treni, autostrade, portualità), agli investimenti produttivi (finalmente liberati dai piccoli interessi politici locali), alla possibilità di essere concorrenziali sui mercati globali, al ruolo stesso del Mezzogiorno, ponte naturale dell’Italia e dell’Europa nel Mediterraneo. Per fare questo ci vuole un rinnovato orgoglio del Meridione e classi dirigenti all’altezza di questa sfida, finalmente selezionate su basi nuove, capaci di sviluppare strategie di ampio respiro, interne ai centri di decisione. In estrema sintesi per affrontare, con un minimo di efficacia e di realismo, la nuova “Questione Meridionale” serve quella che noi chiamiamo “visione nazionale”, cioè un’idea di Stato autorevole, che controlli il territorio e ricucia il rapporto tra Istituzioni e cittadini; un’efficiente sistema burocratico, finalmente svincolato da ogni potere mafioso e partitocratico; un coinvolgimento diretto delle categorie produttive, in grado di mettere in circolo competenze, professionalità e risorse. Non è allora solo questione di risorse, come semplicisticamente dice l’attuale classe di governo, ma “di sistema” e di cultura politica: ci vuole un’azione d’insieme, un quadro strategico, in grado di fissare obiettivi chiari e realistici, di mobilitare i territori, al di là del “localismo”, di costruire un’autentica speranza di riscatto. Ci vuole coraggio (per rompere vecchie incrostazioni malavitose e politiche) e fantasia (per individuare originali percorsi di cambiamento e di crescita). Decisione (per passare dalle parole ai fatti) e partecipazione (per costruire un’ ampia condivisione sociale). Una Capitale della Cultura Europea – come sarà Matera nel 2019 – non fa purtroppo … primavera, tali e tanti sono le questioni irrisolte nel Mezzogiorno d’Italia. Né bastano i “progetti convincenti” evocati da Gentiloni per realizzare l’auspicata svolta. Qui il vero problema è la mancanza di una Grande Politica, che purtroppo non si vede all’orizzonte. Al Sud come al Nord d’Italia.