Morta la dissidente sovietica che non aveva paura dei gulag comunisti
La scrittrice russa Irina Borisovna Ratusinskaja, dissidente durante la dittatura comunista sovietica, attivista del movimento per i diritti umani, più volte arrestata e internata nei lager, è morta ieri a Mosca all’età di 63 anni. L’annuncio della scomparsa è stato dato da Pen Club dell Russia con un comunicato. Alle terribili esperienze di prigionia s’ispira il romanzo autobiografico Grigio è il colore della speranza (1988, tradotto in italiano da Rizzoli nel 1989 pochi mesi prima della caduta del Muro di Berlino). Nata a Odessa 4 marzo 1954, da genitori polacchi trasferitisi nell’Urss, laureata in fisica, dalla fine degli anni Settanta Ratusinskaja si dedicò totalmente alla poesia. Moglie di Igor Gerascenko, noto dissidente, si impegnò insieme a lui in intense battaglie per i diritti politici e civili in Urss. Assai noti per le loro idee libertarie, i coniugi cercarono di emigrare, ma il permesso venne loro negato. Nel 1982 vennero arrestati a Mosca e la scrittrice venne internata in un lager per sole donne, da cui poté uscire solo nel 1986, grazie a una campagna internazionale. Proprio del 1986 è No, non ho paura e del 1987 Oltre il limite.
Trasferitasi in Gran Bretagna, Ratusinskaja ha raccolto nel romanzo Grigio è il colore della speranza (1989) i ricordi della sua intensae drammatica esperienza, rievocata con sensibilità tutta femminile e con profonda umanità. Nel 1999 ha pubblicato Finzioni e bugie.