Consigli di lettura: storia dei cosacchi, i corpi speciali, Garibaldi
L’estate è, quando si può, riposo e approfondimento e quindi lettura. E allora, per i lettori del “Secolo”, un suggerimento su tre libri davvero meritevoli di essere letti.
F. D’Errico, STORIA E LEGGENDA DEI COSACCHI (Mursia)
Può l’ammirazione per il coraggio creare un legame così profondo tra un italiano e l’antico corpo dei cosacchi, da spingerlo a scrivere un libro storico a loro dedicato ? Sì lo può e la dedica di Federico D’Errico “Ai miei fratelli cosacchi” semplicemente fotografa una realtà di cameratismo tra il giornalista italiano, ex parà della Folgore, fatta di incontri, convegni, bevute, ma sopratutto ideali condivisi, cresciuta nei lunghi anni di lavoro in Russia come dirigente industriale. La storia dei cosacchi come tali, che si fa partire attorno all’anno mille nella zona tra il Dnepr e il Don, viene sviluppata in tutta la sua estensione, fino ad oggi. L’autore, con riferimenti storici precisi e puntuali, tratteggia l’evoluzione di questo “popolo a cavallo” , indipendente e ribelle, legatissimo alle sue tradizioni, che però diviene, col tempo, il più strenuo e valoroso difensore dell’impero russo, quasi il più russo dei russi. L’importanza dei cosacchi risulta chiara dalle grandi tappe della storia russa, la difesa del sud contro l’impero ottomano, la conquista della Siberia, la campagna contro Napoleone. Questi “anarchici combattenti” divennero la spada dell’impero. Legatissimi tra loro, con una fraternità cosacca che resiste ad ogni distanza, culturalmente legati ai miti delle donne e del bere, con il coraggio come prima (e praticata) virtù, i cosacchi si stagliano, nel vivido e godibile racconto dell’autore (Croce di San Giorgio della Russia e cosacco onorario) tra i protagonisti della storia europea. D’Errico sa coinvolgere il lettore, perché è coinvolto dai cosacchi, a tal punto che non stupisce la bellissima prefazione fattagli dal generale d’armata Deinekin, già comandante dell’aeronautica russa.
G. Oliva, COMBATTERE (Mondadori)
E’ la storia dei corpi speciali italiani, dagli arditi e dai MAS della prima grande guerra ai paracadutisti della Folgore e agli incursori dello Sciré della seconda, fino ai lagunari, ai carabinieri del Tuscania e al Comsubin, dell’Italia repubblicana di oggi. E’ la storia del valore militare italiano, spesso dimenticato, che si esprime al meglio nei corpi scelti basati sul valore individuale, più che nelle organizzate battaglie di complesse unità (grandi eccezioni il Piave e Vittorio Veneto) per la nostra storica difficoltà a fare sistema, anche in guerra. E’ la storia di Alberto Bassi, di Rizzo, D’Annunzio, Durand de La Penne, Junio Valerio Borghese, Edgardo Sogno ed è anche la storia del concetto di onore, che non ha sempre assunto lo stesso significato nella mutevolezza degli avvenimenti umani, però sempre si è rivelato nel sacrificio. E’ un libro importante, molto ben scritto e documentato, che riesce a sfatare il mito negativo di un’Italia incapace sul piano militare, cosa non vera, anzi completamente falsa, ma veicolata da una sistematica propaganda antinazionale che, dal secondo dopogurra per molti decenni, ha funestato il nostro paese rendendolo più psicologicamente debole di quanto in realtà non fosse. Emblematica, in tal senso, non tanto la scelta di festeggiare il 25 Aprile per celebrare la nuova Italia (anche se si poteva scegliere invece il 25 luglio, se non altro opera degli italiani, anziché essenzialmente degli angloamericani) quanto quella di non celebrare più appieno il 4 novembre, come se avessimo perso la prima guerra mondiale e vinto la seconda. Come suona lontano e vero il monito di Benedetto Croce : “Noi Italiani abbiamo perduto una guerra e l’abbiamo perduta tutti, anche coloro che erano contrari al regime che l’ha dichiarata, anche coloro che furono perseguitati da quel regime, consapevoli, come eravamo tutti, che noi non possiamo mai separarci dai destini della nostra Patria, né dalle sue vittorie, né dalle sue sconfitte”. Ben vengano libri come questo, che, senza alcuna passione di parte, ci ricordano un passato che fu anche glorioso.
F.Guiglia, GARIBALDI EL LIBERTADOR (Edizioni parco Novegro)
E’ una boccata d’aria buona. Il leggere queste pagine sui sette anni (1841-1848) spesi da Garibaldi in Uruguay per la libertà di quel paese e in generale dell’America Latina, ci fa approfondire avvenimenti lontani nel tempo e avvenuti in un altro paese, ma nei quali un italiano si accorge di sentirsi intimamente coinvolto. La nostra storia. Il sentimento di Patria, che percorre tutto il libro, è uno dei valori che danno significato alla nostra vita e che, sempre esistente, riappare quando lo si sa evocare, perché lo si prova. Guiglia questo sentimento lo sa evocare perché realmente lo sente. La storia di Garibaldi, di questo incredibile generale condottiero, che del coraggio aveva fatto un’abitudine, balza viva dalle pagine del libro, come la lunga e commovente storia dei monumenti e delle celebrazioni che gli italiani d’America gli hanno dedicato e tutt’ora gli dedicano, celebrando insieme a lui il legame con l’Italia. L’enorme capacità di guida di Garibaldi e non solo come trascinatore, ma anche come tattico e stratega, la sua determinazione in battaglie, terrestri e navali, sempre disperate eppur spesso vittoriose, la sua trasparente rettitudine politica e la sua vita privata impetuosa come l’azione, ci viene restituita dal libro, in maniera puntuale e informata, ma anche sentimentale, mischiandosi ai ricordi personali dell’autore. Il che ne accresce il fascino. E’ un libro da far leggere ai propri figli. Io l’ho fatto.