L’occidente in crisi perché travolto dalle ideologie con i sensi di colpa

1 Ago 2017 17:05 - di Carlo Ciccioli

Per secoli l’Occidente è stata la locomotiva della civiltà del mondo. Non perchè non ci fossero altre grandi civiltà, ma perchè ad un certo momento della storia l’Occidente era avanguardia della cultura, delle scoperte scientifiche, delle nuove tecnologie, del diritto degli individui e dei popoli. Non che sia sempre stato così, se guardiamo indientro nei millenni ci sono stati popoli che hanno espresso grandi civiltà, dall’antico Egitto, all’antica Cina, agli Assiro-Babilonesi. Ma poi nel Mediterraneo, soprattutto nella sua costa nord che è esplosa la civiltà e l’Impero di Roma che per secoli segnò quelle che oggi sarebbero chiamate le “linee guida” del mondo. Fino addirittura a creare due Imperi: l’Impero Romano d’Occidente con sede a Roma e l’Impero Romano d’Oriente, con capitale Costantinopoli, l’odierna Istanbul. E l’Impero Romano d’Occidente crollò molto prima per decadenza interna piuttosto che per crisi esterna: eccesso di benessere, eccesso di raffinatezza, crisi economica, crisi demografica. Quello d’Oriente durò molto più a lungo e cadde per l’esplosione dell’Islam, la religione fondata dal Generale Maometto, molto più un combattente militare che un uomo di fede e spiritualità. Per riprendersi l’Occidente pagò secoli di immigrazioni ostili (le invasioni barbariche), la distruzione della maggior parte delle sue infrastrutture e dei suoi edifici pubblici, la distruzione del diritto, financo la perdita della lingua (latina).

Fu dai monasteri fortificati, dai castelli, dai borghi con le cinture murarie che ricominciò la ripresa demografica e la rinascita, fino appunto arrivare al Rinascimento. Ma dietro il problema della difesa, della riorganizzazione istituzionale, della ricostruzione militare e delle città, c’è stato un forte movimento di pensiero che recuperava le radici della storia antica e la santificava a nuove “linee guida” della politica. Dalle Repubbliche Marinare che conseguirono alla fine l’egemonia della Repubblica della Serenissima di Venezia nei traffici marittimi e commerciali del Mediterraneo, dalle Banche toscane che prestavano i soldi agli Stati europei (i Regni di Francia e Spagna dipendevano molto spesso dai prestiti dei banchieri italiani a cominciare da quelli della famiglia De’ Medici), alle Corone dell’Europa centrale che costruivano eserciti e Stati sovrani nazionali. Se ci pensiamo alla radice di tutto questo c’era soprattutto l’ambizione del primato di essere i migliori, di essere più avanti, di riuscire dove nessuno aveva neanche l’ardire di provare, cioè la scoperta dei continenti sconosciuti. Fino ai due grandi conflitti mondiali del novecento così è stato, forse talvolta esageratamente all’epoca del colonialismo, quando soprattutto l’Inghilterra, ma non solo, portava sicuramente le conquiste della nostra civiltà, ma spesso anche dominazione senza equilibrio e sfruttamento economico illimitato, inducendo depressione anche dove in passato c’erano state floride economie. Probabilmente proprio le atrocità legate ai due conflitti mondiali, i milioni di morti sulle trincee della Guerra ’15-18 e gli stermini di interi popoli della seconda guerra mondiale, dalla Russia alla Germania ai popoli dell’Est, e le guerre civili nei paesi coinvolti, hanno germogliato una ideologia rinunciataria, figlia dei sensi di colpa di quel sangue.

Non c’è stata alcuna possibilità di una riflessione storica profonda su quello che era accaduto perchè la storia scritta dai vincitori era anche la pietra tombale delle ragioni dei vinti. E’ chiaro che le guerre sono sempre una sconfitta delle classi dirigenti degli Stati, cioè della loro capacità di mediare i conflitti e risolvere gli squilibri economici e sociali, ma è pur vero che qualche ragione ce l’ha sempre chi si gioca il proprio futuro e la propria esistenza in un conflitto, rinunciando ad altre soluzioni. Questa visione manichea ha generato la rinuncia dell’Europa a credere in sè stessa, a poter dire la sua in un mondo che oggi è globalizzato, puntando tutto su una introversione indorata dal benessere, dai livelli di vita cominciando dalle garanzie sanitarie, previdenziali, ambientali, economiche, con ossessione di darsi delle regole che fossero non negoziabili.

Tutto ciò ha determinato una chiusura in sè stessa che è arrivata fino alla crisi demografica estrema in cui siamo, molto al di sotto dell’indice di sostituzione nelle famiglie che ormai ci fa sostituire da popoli provenienti da altri Continenti e da altre etnie. Di fatto, giorno dopo giorno stiamo consegnando ad altri il nostro territorio, cominciando dai centri delle grandi città fino alle periferie, ai paesi, ai borghi più isolati. Che aldilà del diritto di vivere e di pensare ad un futuro migliore di quello dei territori da cui provengono, non portano cultura, diritti, progresso tecnologico-scientifico, sviluppo economico e prosperità. Manca una ideologia che punti al mito dell’Europa per come essa è stata nei secoli, perchè mi piace ricordare che sotto l’Impero Romano tutti i territori dei popoli conquistati diventavano romani e quindi avevano, secondo i percorsi legislativi di allora, diritto a diventare cittadini romani. Ma secondo le regole ed il diritto di Roma, anzi dovevano adattare negli atti ufficiali la lingua latina, che era la lingua universale dell’Impero e poi della Chiesa univerale di Roma, unificante e garanzia per tutti. Ora assistiamo ad un disegno inverso in cui noi dobbiamo rinunciare alle nostre leggi, togliere i crocifissi, abolire i riti delle nostre festività religiose, dal Natale alla Pasqua, cambiare i programmi scolastici, l’organizzazione dei nostri centri storici e commerciali, finanche modificare i nostri stili alimentari delegando, isole di territorio ad altri comportamenti sociali.

A Londra, in alcuni quartieri, la legge in uso per le vertenze è la Sharia. Cioè rinuncia totale alla sovranità, cessione della stessa ad un altro Stato, estraneo alla Nazione. Se ne esce solo con la reazione, con il ritorno ad una ideologia europea e nazionale che crede in sè stessa, che afferma la propria civiltà, i propri diritti e che impone le proprie “linee-guida”. Tertium non datur. Senza foglie di fico: l’integrazione non esiste, semmai esiste la reciproca contaminazione e l’assorbimento. Le coesistenze determinano solo conflitti, tensioni, drammi umani e rovina economica e sociale. Dobbiamo farcene una ragione e tornare a credere in noi stessi, senza sensi di colpa. Bisognerebbe capire cosa spinge la Boldrini e tutti i suoi pari a sostenere con un’enfasi ingiustificabile ed intollerabile il suicidio delal nostra storia, della nostra civiltà e soprattutto della nostra identità. 

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