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Le teste di cuoio turche in azione
Le teste di cuoio turche in azione

Non si ferma la repressione in Turchia. E l’Italia la voleva nella Ue…

Esteri - di Redazione - 17 Agosto 2017 alle 14:03

Non si ferma la repressione in Turchia. Le autorità turche hanno arrestato nove giornalisti nell’ambito di un’inchiesta sui presunti legami tra alcuni media locali e la rete del predicatore islamico Fethullah Gulen, accusato da Ankara di essere la mente del tentato colpo di Stato del 15 luglio 2016. A darne notizia è l’agenzia di stampa turca Anadolu. Il 10 agosto scorso erano stati emessi dei mandati d’arresto contro 35 persone, tra cui giornalisti e operatori nel campo dell’informazione. I sospetti avrebbero utilizzato l’applicazione ByLock, un sistema di messaggistica digitale criptata che, secondo il governo di Ankara, fu usata anche dai cospiratori del colpo di Stato. Degli undici giornalisti sospettati, due sono stati rimessi in libertà provvisoria e nove sono stati incarcerati con l’accusa di “appartenere a un’organizzazione terroristica armata”. Tra gli arrestati anche Burak Ekici, responsabile del sito web del quotidiano d’opposizione BirGun, e Yasir Kaya, ex direttore d’informazione del canale televisivo del club di calcio Fenerbahce. Le associazioni a difesa della libertà di stampa denunciano i ripetuti attacchi da parte delle autorità turche, soprattutto dopo il tentato colpo di Stato. Numerosi quotidiani sono stati chiusi e un centinaio di giornalisti sono stati arrestati a seguito della dichiarazione dello stato d’emergenza in vigore dopo il tentato golpe. Tra i giornalisti in carcere, molti sono di origini straniere, come il giornalista turco-tedesco Deniz Yucel in prigione da febbraio, e il francese Loup Bureau arrestato il 26 luglio scorso. Inoltre le autorità turche hanno emesso un mandato di arresto nei confronti di 70 ex dipendenti del ministero delle Finanze per presunti legami con i golpisti. Lo ha riferito l’emittente Cnn Turk. I 70 sono accusati di essere vicini alla rete guidata da Fethullah Gulen, l’imam che vive in auto-esilio negli Usa ritenuto da Ankara la mente del fallito colpo di Stato. Gulen, dal canto suo, ha sempre negato ogni tipo di responsabilità. Dopo il tentato golpe, la repressione delle autorità turche è stata durissima: circa 150mila persone sono state licenziate o sospese dal loro posto di lavoro e oltre 50mila sono finite in carcere.

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17 Agosto 2017 alle 14:03