Rohingya, via il Nobel a San Suu Kyi? Ma il regolamento non lo prevede…
Il premio Nobel per la pace assegnato nel 1991 a Aung San Suu Kyi non può essere revocato così come chiede una petizione che critica la posizione della leader birmana sulla persecuzione della minoranza Rohingya. La Fondazione Nobel ha così risposto dopo le critiche che erano state rivolte a Aung San Suu Kyi. In una mail all’Ap Olav Njolstad, capo dell’istituto norvegese dei Nobel, afferma che né le disposizioni del fondatore del premio Alfred Nobel, né le regole della fondazione prevedono questa possibilità.
Una petizione online firmata da oltre 386.000 persone chiede la revoca del premio che Aung San Suu Kyi aveva ricevuto per “la sua lotta non violenta per la democrazia e i diritti umani” durante le dittatura militare. Dopo le prime elezioni libere nel 2012 è diventata la leader de facto del paese. Altri due vincitori del premio per la pace, l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu e la giovane attivista pachistana Malala l’hanno esortata a intervenire per mettere fine alla persecuzione della minoranza musulmana in Birmania. Ma lei ha negato e minimizzato, affermando che le notizie sui diritti umani violati dei Rohingya erano solo frutto di disinformazione.
L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) e l’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) hanno fornito invece cifre impressionanti: sono oltre 270mila i Rohingya ad aver lasciato il Myanamr in fuga dalle violenze, diretti in Bangladesh, nelle ultime due settimane. Le agenzie denunciano poi che i centri di accoglienza in Bangladesh hanno esaurito la loro capacità, per cui i rifugiati – la maggior parte dei quali donne – vengono ora ospitati in strutture di fortuna. Nelle settimane scorse, l’esercito del Myanmar ha lanciato quella che ha definito “un’operazione di polizia” dopo aver denunciato attacchi degli insorti Rohingya contro posti di polizia e basi militari nello stato di Rakhine, che ospita oltre un milione di persone della minoranza musulmana.