
Colpito da un masso è in fin di vita: i medici “infrangono” le regole e lo salvano
Cronaca - di Redazione - 8 Ottobre 2017 alle 12:18
Colpito da un masso al torace rischia di morire, oggi Paolo Caldara, 21 anni, è salvo solo perché i medici hanno “violato” il manuale. «Abbiamo fatto l’esatto contrario di quello che si insegna ai medici di tutto il mondo — dice il rianimatore Luca Lorini al Corriere della Sera —. Un grande rischio, ma l’alternativa era vederlo morire senza potere fare nulla». È domenica 3 settembre, alla tv stanno per dare il Gran Premio di Monza, fuori ci sono 25 gradi. Luca Lorini, 56 anni, da venti alla guida del dipartimento d’Emergenza-Urgenza del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è a casa pronto a godersi un pomeriggio di Formula 1 con i figli. Paolo Caldara decide di fare una gita con quattro amici al Rifugio Coca in Valbondione, 1.892 metri di quota per una passeggiata di tre ore amata dai bergamaschi. Il medico non vedrà mai vincere Lewis Hamilton, perché alle 12 e 18 minuti lo chiamano dall’ospedale: «C’è un giovane in arresto cardiaco, è appena stato stabilizzato ma le condizioni restano gravissime. Pressione minima a 46, 69 di massima. Tre litri di sangue perso, i polmoni devastati, una lesione tracheale e la vena renale sconnessa. L’emorragia è troppo grave, non si può operare».
Rischia di morire e lo attaccano all’Ecmo
Un attimo dopo, racconta ancora il Corriere della Sera, papà Claudio e mamma Albertina si sentono dire: «Purtroppo non abbiamo tempo di spiegarvi nei dettagli, perché tra pochi minuti Paolo rischia di essere morto. Ma se ci date l’autorizzazione vogliamo provare a salvarlo con una tecnica che i manuali di medicina sconsigliano». Nella disperazione più totale non resta che pregare e affidarsi ai medici: «Fate quello che pensate sia meglio». Paolo di lì a poco viene attaccato all’Ecmo, la macchina che si sostituisce al cuore e ai polmoni e permette la circolazione extracorporea. È una decisione azzardata: «Le linee guida internazionali dicono che questo trattamento non va utilizzato in caso di emorragia perché può portare alla morte del paziente — spiega Lorini — Per fare funzionare al meglio l’Ecmo, infatti, bisogna somministrare un farmaco che si chiama eparina e serve per rendere il sangue fluido e non rischiare trombosi. In questa situazione non potevamo farlo perché Paolo, già sanguinante, sarebbe morto. Allora abbiamo infranto le regole. Siamo andati avanti per dieci giorni, cercando di capire di ora in ora che cosa stava avvenendo. Non esistono casi simili in letteratura».
Dal dramma alla speranza
di Redazione